Quando mi si dà del razzista mi si offende profondamente, per la mia
storia e per il mio essere uomo. Oggi, però, essere accusati di razzismo è
semplice, basta non allineare il proprio pensiero a quello massificato e
massificante voluto dal vero regime della finta sinistra, che ci vorrebbe tutti
buoni, santi e con le case aperte agli stranieri solo per agevolare loschi traffici
di un nuovo schiavismo sponsorizzato da Stati e Nazioni moderne. A questo punto
preferisco tenermi l’epiteto piuttosto che adeguarmi alla massa. Ma voglio
spiegare perché.
Sono per l’accoglienza. Nel senso che ritengo sia giusto che chi più
possiede debba aiutare chi ha difficoltà pesanti. Aiutare, però, non significa
rinunciare a se stessi e a ciò che si possiede. Non significa certamente
rinunciare alla propria cultura per rispetto di chi viene ed è ospite. E non
significa togliere sostanze alla propria gente per darne a chi ospitiamo.
Questo è quello che sta accadendo oggi in Italia. Questo è razzismo e genera
razzismo.
Oggi in Italia lo straniero in difficoltà ha molte più probabilità di
ricevere aiuto e sostegno di un Italiano in difficoltà e questo non è giusto.
Non solo: è pericoloso. Paradossalmente danneggia lo straniero. Genera
risentimento e un risentimento motivato che viene diretto verso lo straniero e
non verso chi legifera sbagliando. Ma il problema non è soltanto relativo al
trattamento sociale, ma coinvolge numerosi aspetti del vivere civile rendendo
difficile la convivenza.
Mancanza di controlli, agevolazioni economiche e disparità di
trattamento sono solo parte del problema. C’è la questione legata all’identità
culturale, dove la politica che si sta adottando sta andando nella direzione di
sacrificare la nostro a favore di quella degli altri. Così assistiamo alla
creazione di corsi di arabo per arabi dai quali sono esclusi gli Italiani, a
iniziative che costano tempo, impegno e denaro per promuovere l’integrazione ma
che provengono sempre e solo da una direzione, la nostra. Siamo preoccupati per
l’integrazione razziale mentre i nostri ospiti non se ne preoccupano affatto perché,
in realtà, non gli serve, stanno bene così.
Questo è razzismo, perché crea davvero spaccature serie e
difficilmente sanabili. È un razzismo di stato, mascherato da buonismo, che se
da una parte aiuta lo straniero, dall’altra lo danneggia pesantemente,
impedendogli la vera e reale integrazione che passa attraverso l’adeguamento
dell’ospite alle regole della casa ospitante e non viceversa.
Creare case popolari che diventano ghetti è razzismo. Lasciare che le
aziende cinesi facciano concorrenza sleale a quelle italiane è razzismo. Creare
iniziative a sostegno delle famiglie straniere e niente per quelle italiane è
razzismo. Aprire le scuole per fare corsi di arabo mentre per gli Italiani non
c’è nemmeno la possibilità di usare gli impianti sportivi pubblici è razzismo.
Aprire le porte del nostro Paese a una immigrazione incontrollata solo per
lucrarci sopra con la santa benedizione dello Stato è razzismo. L’integrazione
passa solo attraverso l’assoluta parità, ma con bene in mente che le regole
debbono essere di chi ospita e non dell’ospite.
Luca Craia