Di seguito pubblico l’appello di Italia Nostra a firmare la
petizione contro la legge che, di fatto, metterà in svendita il nostro patrimonio
culturale. Per firmare seguire il seguente link: https://goo.gl/YUzg5y
I beni culturali vengono
equiparati dal nostro Parlamento a una qualunque merce introducendo una norma
che porterà all’estero gran parte delle nostre opere d’arte (manoscritti e
libri, opere, antichi strumenti scientifici, antiche suppellettili) a dubbio
vantaggio del mercato italiano e a scapito del nostro Paese. Aiutateci a
scongiurare questo saccheggio, un regalo di Stato a mercanti e affaristi cui
nulla importa della nostra storia e del valore che tutto ciò rappresenta per
noi italiani. Una
norma inaccettabile, una vergogna per la cultura e per le istituzioni italiane.
Il Parlamento,
con
l’imminente approvazione dell’art. 68 contenuto nella legge annuale per il
mercato e la concorrenza, prossima a
votazione, sembra ormai pronto alla svendita di parti importanti del patrimonio artistico della
Nazione inserendo una finta semplificazione della circolazione internazionale dei beni
culturali in un provvedimento pensato per taxi e altri settori commerciali.
L’approvazione di questa
legge trasforma dunque in comune merce tantissima parte dei beni culturali
italiani, mobili e immobili. Proprio il nostro Parlamento, nelle segrete stanze
della Commissione Industria, ha infatti portato avanti una norma, fortemente
voluta dalle lobby del mercato dell’arte, che definisce il valore di un bene
culturale in base al “presunto” valore commerciale dichiarato – l’assurdo nell’assurdo
– dallo stesso proprietario. Con questa norma, basterà un’autodichiarazione del
proprietario che l’opera non supera il valore di 13.500 euro (calcolati su
opinabili prezzi d’asta) per poter definitivamente esportare all’estero, senza
nessuna valutazione da parte della Soprintendenza, qualunque bene artistico.
Non solo: la norma estende da 50 a 70 anni il periodo di vita dell'opera
ritenuto necessario per rendere obbligatorie le verifiche dei nostri Uffici di
Esportazione prima del trasporto per sempre fuori dai confini di Stato. Tutto
ciò con il tacito assenso del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e
del Turismo che, accettando la logica della trattativa a fronte dei potenti
attacchi sferrati in sedi politiche ed economiche contro l’insieme del nostro
patrimonio culturale, silenziosamente concorda ancora una volta con il
Parlamento (nella sua sovranità?) che il pregio dei beni culturali sia definito
in base a un presunto valore di mercato e così si liberalizzi la svendita
all’estero del patrimonio artistico italiano prodotto da meno di settanta anni.
Un danno inestimabile per un Patrimonio artistico e culturale, quale è il
nostro, che non ha eguali in tutto il mondo.
Con l’approvazione di
questa norma, l’Italia rischia di perdere metà del patrimonio del nostro Novecento:
diventano immediatamente esportabili all’estero opere come quelle di Fontana,
Giò Ponti, Carrà, Sironi, senza limite di prezzo. Non solo: senza, di fatto, il
controllo degli Uffici Esportazione del Ministero dei Beni culturali rischia di
sparire gran parte del patrimonio culturale diffuso del nostro Paese. Pensiamo
agli arredi delle chiese, ai disegni, agli argenti antichi, ai mobili di pregio.
La norma è inaccettabile per un principio di cultura, che il nostro Paese difese
fin dalla sua
Costituzione (art. 9, Comma
II°) e dalla creazione del mercato unico europeo. Dal Trattato di Roma
in poi la normativa europea
ha riconosciuto che i beni culturali non sono equiparabili a merci.
Inascoltati finora gli
appelli che Italia Nostra ha inviato alle massime cariche dello Stato: Presidenza
del Consiglio, Senato, Camera dei Deputati, Ministero dei Beni Culturali. Chiediamo
dunque ancora una volta, in extremis, che una maggioranza parlamentare rifiuti nettamente
l’approvazione dell’art. 68 della legge sulla concorrenza, che trasforma il
concetto e il
senso stesso del patrimonio
culturale italiano, invece di occuparsi dell’efficientamento e potenziamento
degli uffici che devono autorizzare l’esportazione all’estero di beni
culturali. I promotori di questa operazione commerciale che hanno preteso la
liberalizzazione della svendita all’estero di nostri beni culturali,
indipendentemente dal pregio intrinseco o di appartenenza di essi a un contesto
storico, sono riusciti finora a imporre la loro volontà, contestando i tempi di
attesa eccessivi e le procedure inefficienti degli Uffici di Esportazione (soprattutto
presso alcune Soprintendenze), i quali, ad evidenza, mancano di personale e
mezzi adeguati, ma anche di norme tecniche e linee guida che rendano autorevoli
i loro giudizi. Questa lobby trasversale lo ha fatto cambiando la norma di
tutela sull’esportazione con un emendamento modificativo inserito in un
provvedimento generale sulla concorrenza e non nel contesto delle norme di
tutela che disciplinano i Beni Culturali.
La strada da percorrere,
per Italia Nostra è decisamente un’altra. Occorre potenziare le Soprintendenze
e gli Uffici esportazione delle opere d’arte, aumentando così la loro efficienza
e diminuendo i tempi autorizzativi.
Italia Nostra esprime
profonda preoccupazione per gli effetti che la norma produrrà sulla tutela del
patrimonio mobile artistico e storico della Nazione, ma anche sugli stessi beni
immobili, inopinatamente inclusi nella nuova normativa, che renderà legittimo
ciò che d oggi è penalmente sanzionato. La sua introduzione nel nostro
ordinamento colpisce la più antica e solida forma di tutela, quella relativa
all’esportazione, e determina l’impoverimento culturale dei nostri territori,
delle comunità che lo abitano e della loro memoria; crea dunque un danno
irreversibile alla trama storico-culturale dell'identità italiana e soprattutto
al patrimonio d’arte diffuso, diminuendone oltre tutto l’attrattività, con
negative conseguenze anche per il turismo, l’economia derivata e l’occupazione.
L’allungamento da 50 a 70
anni del periodo di vita dell’opera ritenuto necessario per il suo assoggettamento
all’autorizzazione all’esportazione da parte della Soprintendenza è contrario all’interesse
di proteggere il patrimonio artistico del Novecento in Italia, assolutamente
prestigioso
e all’origine dei più
recenti e noti movimenti artistici contemporanei. L’introduzione della soglia
di valore del prezzo del bene culturale, avvantaggia il mercato internazionale
ai danni di un Paese, l’Italia, che in ragione del suo cospicuo ed eccezionale patrimonio
culturale si qualificherebbe come Paese “esportatore”, nel senso cioè di
territorio destinato alla perdita definitiva di un patrimonio irriproducibile.
Peraltro, la fissazione di una soglia di valore non è imposta dall’Unione
Europea, in quanto i Paesi membri sono liberi di normare in materia.
Un così grave
affievolimento di fondamentali norme di tutela costituisce ad evidenza
violazione del secondo comma dell’art. 9 della Costituzione. Oltre tutto la
specificità di contenuto dell’intervento normativo proposto e del suo ambito di
applicazione, costituzionalmente garantito, non consente di dare ad esso
collocazione in un contesto normativo di natura completamente diversa e di
finalità produttiva, escludendo la Commissione Cultura, di riferimento sulla
materia, dall’esame prioritario della questione.
Per questo Italia Nostra
chiede di sottoscrivere la petizione al Parlamento affinché voti contro l’art.
68 della legge annuale sulla concorrenza e si impegni a rendere efficiente la
tutela del patrimonio culturale, incluse le procedure autorizzatorie relative
all’esportazione. L’appello è stato inviato al Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella, al Presidente del Senato della Repubblica Pietro Grasso, al
Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, al Presidente del
Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni, al Ministro dei Beni e delle Attività
Culturali e del Turismo Dario Franceschini, al Presidente della Corte
Costituzionale Paolo Grossi.
Fra coloro che hanno
aderito sino ad ora (05.04.2017, ore 18:00), le associazioni:
Italia Nostra onlus
(promotore), Libertà e Giustizia, Circola - Cultura, Diritti e Idee in
movimento, Emergenza Cultura - In Difesa dell'articolo 9, Patrimonio SOS, Associazione
Giovanni Secco Suardo e le firme: Marco Parini, Pietro Petraroia, Beatrice
Bentivoglio-Ravasio, Giuseppe Arcidiacono, Renato Aquilani, Giulia Barrera,
Marco Bascapè, Amedeo Bellini, Jadranka Bentini, Paolo Berdini, Stefano Boeri,
Paola Brambilla, Sergio Brenna, Paolo Campiglio, Giovanni Carbonara, Alberto
Giorgio Cassani, Giovanna Cassese, Luigi Colombo, Adele Compagna, Giancarlo
Consonni, Gianni Contessi, Sergio Crotti, Silvia Danesi Squarzina, Marco Dezzi
Bardeschi, Carolina Di Biase, Veronica Dini, Alessandra Donati, Vittorio
Emiliani, Umberto Fantigrossi, Donata Gianazza, Annamaria Giusti, Giulia Gresti,
Maria Pia Guermandi, Maria Rosaria Iacono, Fulvio Irace, Donata Levi, Ada
Lorandi, Simona Maggiorelli, Ludovico Mereghetti, Nanni Molè, Tomaso Montanari,
Massimo Montella, Rita Paris, Stefano Parise, Maria Luisa Polichetti, Luciana
Prati, Caterina Saban, Michele Sacerdoti, Sandro Scarrocchia, Salvatore Settis,
Vittorio Sgarbi, Filippo Tibertelli de Pisis, Graziella Tonon, Bruno Toscano,
Domenico Valenti, Francesca Valli, Rosalia Vittorini, Fabio Vittucci, Licia
Vlad Borrelli, Giorgio Zanchetti.