sabato 8 aprile 2017

L’unione dà frutti. 180.000 Euro da 10 Comuni aretini per rilanciare il turismo in Valnerina.




Si comincia subito a mettere a frutto l’unione dei quattro comuni dell’alta Valnerina (Visso, Ussita, Castelsantangelo Sul Nera e Preci) sancita solo pochi giorni fa. Arrivano dalla Provincia di Arezzo, precisamente dai comuni di Civitella in Val di Chiana, Cortona, Foiano della Chiana, Lucignano, Montemignaio, Monte San Savino, Pratovecchio Stia, Sansepolcro, Subbiano e Talla, 180.000 Euro che serviranno per aiutare quest’area del centro Italia così duramente colpita dal terremoto a risorgere.
I soldi raccolti dai 10 Comuni dell’Aretino, col sostegno della Regione Toscana, serviranno a finanziare un progetto importante per il rilancio economico dell’area: un percorso cicloturistico che costituirà una delle basi di ripartenza per il comparto economico della Valnerina legato al turismo. È un tassello importante per ripartire ma anche la prova che insieme si può riuscire a risorgere, nonostante le tante difficoltà, nonostante la politica che rema contro, nonostante la burocrazia che blocca ogni iniziativa. Non sarà facile ma si può fare. Ci hanno creduto i comuni aretini, ci credono quelli dell’Alta Valnerina. Avanti tutta.

Luca Craia

A un anno dall’antennona, che fine ha fatto il piano antenne?



Cosa accadrebbe se oggi un gestore telefonico venisse a Montegranaro per installare una nuova antenna di telefonia mobile? A distanza di oltre un anno dal caso dell’antenna Vodafone che, ricorderete, era stata installata alla chetichella nel quartiere San Liborio, tra le case, con il placet silenzioso del Comune e, se oggi si verificasse un caso analogo, ci troveremmo esattamente come un anno fa, senza strumenti per intervenire se non il buon senso. È stato il buon senso a indurre la Vodafone a smontare l’apparecchiatura e a rinunciare, ma non si può far conto sempre e solo su quello.
L’anno scorso l’antenna fu installata perché non esisteva una normativa che lo potesse impedire. In particolare mancava il cosiddetto Piano Locazione Antenne, la legge comunale che regolamenta la presenza di tali apparecchiature potenzialmente nocive. Proprio per l’assenza di qualsiasi appiglio legale il Comune di Montegranaro si arrese subito senza nemmeno combattere, dando carta bianca al colosso telefonico. Solo dopo una mobilitazione popolare partita proprio da queste pagine (mi prendo il merito, visto che Perugini si vanta a sproposito), e dopo la forte presa di posizione delle opposizioni unite in un solo intento, anche il Comune fu costretto a intervenire, anche grazie a una mozione presentata in Consiglio Comunale dalle opposizioni e a una petizione firmata da oltre mille cittadini.
In pochi mesi la Vodafone decise di rinunciare. E proprio Perugini promise di mettere mano quanto prima al piano-antenne. Un piano che, in realtà, era già stato programmato o, quantomeno, avrebbe dovuto esserlo in quanto il Movimento 5 Stelle, già a fine 2014, presentò una mozione per sollecitarne l’adozione, mozione che giunse in Consiglio e fu approvata nell’aprile del 2015. Quindi due anni fa.  È passato un anno dall’inizio della vicenda dell’antenna di San Liborio e due dall’approvazione della mozione e, finalmente, il Piano Locazione Antenne è arrivato in bilancio. Quindi lo avremo presto? No.
Non lo avremo presto, come ha ribadito lo stesso Perugini nel corso dell’ultima seduta del Consiglio Comunale. Occorre prima redigere il bando, espletarlo, per poi partire con i lavori. Per rendere efficace un piano antenne, per metterlo al riparo dalle recriminazioni popolari che immancabilmente susciterà, sarà necessario lavorare con la massima partecipazione della cittadinanza, incontrando la gente, capendo i loro problemi e facendo capire cosa la presenza di un apparato di quel tipo possa comportare. Insomma, dove piazzare eventuali nuove antenne va deciso insieme ai cittadini, almeno se si vuole la famosa partecipazione di cui tanto si parla e quasi mai si applica. Una volta incastrate tutte le tessere del puzzle su può redigere il piano.
Occorre tempo, quindi. Ma alla fine del mandato di questa maggioranza manca poco, giusto un paio d’anni. Si riuscirà a giungere all’approvazione del Piano-Antenne entro la scadenza della consiliatura? È auspicabile ma non scontato. E sarebbe un problema, perché un’eventuale nuova maggioranza potrebbe non condividere quanto deciso dall’attuale e rifare tutto da capo. COnsieguenza: altro tempo perso, soldi sprecati (sono 18.000 Euro quelli impegnati in bilancio per redigere il piano) e il rischio concreto che, arrivasse una nuova Vodafone a piazzare un’antenna, non ci sarebbero strumenti per contrastarla. Con buona pace delle medaglie autoassegnatesi da Perugini.

Luca Craia

Troppe ragazze maltrattate dalle famiglie islamiche. Dove sono le donne radical?



Le cronache di questi giorni riportano continue notizie relative a giovani donne, ragazze e bambine, vittime di violenza domestica all’interno di famiglie musulmane a causa del loro rifiuto verso l’imposizione di pratiche peculiarmente culturali e tradizionali. Come sempre la stampa parla di fenomeni a ondate e dà l’impressione che tutto accada in un certo periodo per poi cessare. In realtà questo fenomeno è diffuso e accade in maniera continuativa. Ovviamente non si può generalizzare, ed esistono numerosissimi esempi contrari, in cui ragazze di cultura islamica che vivono in maniera totalmente occidentale senza avere alcun problema con le proprie famiglie di origine. Rimane, però, il dato di numerosi casi in cui le famiglie esercitano coercizioni anche fisiche e questo è, comunque, un problema culturale che va tenuto sotto controllo, per la tutela delle stesse ragazze, della loro dignità e della loro sicurezza.
Quello che stride fortemente è il silenzio del mondo della sinistra, soprattutto delle donne di sinistra, quelle stesse pronte a salire sulle barricate e dare del razzista a chiunque osi soltanto porsi il problema di come integrare la cultura musulmana con quella occidentale, cosa che, con ogni evidenza, non è semplicissima. Non si ode un suono, non si legge una parola, non si vede un gesto che vada nella direzione di tutelare queste donne dalle violenze che debbono subire a causa della loro libertà di scelta, dell’esercizio di un diritto che, per noi occidentali, è scontato. Vorrei tanto vedere gesti di solidarietà, atti di sostegno, parole di sdegno per quanto accade. Ma non li vedo.
La questione, credo, è che si dovrebbe riconoscere che esistono delle difficoltà oggettive nell’integrazione della cultura islamica con quella occidentale. Ponendosi il problema di tutelare queste vittime di violenza, queste donne la cui dignità e la cui stessa vita vengono minacciate da una cultura antifemminile, occorrerebbe ammettere che l’integrazione è complessa e che, a volte, il razzismo, inteso come ostracismo culturale, esiste anche dall’altra parte. Occorrerebbe onestà intellettuale ed elasticità mentale per analizzare il problema dell’integrazione con lucidità e distacco. Ma non è così, e troppo spesso ci si pone di fronte al problema con presupposti ideologici anziché con la reale volontà di risolverlo. Perché, per risolverlo, bisogna ammettere che, tra il bianco e il nero, ci sono infinite sfumature, che non tutto il bene e non tutto il male risiedono da un solo lato, e che, per integrare una cultura esterna in un Paese che accoglie, occorre che la cultura oriunda ceda a quella autoctona, altrimenti non c'è possibilità di integrazione. Il nostro Paese sta dimostrando grande rispetto nei confronti delle culture di chi arriva, ma non può esserci la sostituzione della nostra cultura, semmai una naturale, graduale e positiva contaminazione che non può avvenire su basi ideologiche ma soltanto per processi di trasformazione che richiedono tempo. E, soprattutto, è imprescindibile il rispetto per la cultura autoctona, in mancanza del quale ogni tentativo di integrazione rischia di cozzare contro il muro dell’autodifesa e dell’autoconservazione culturale.

Luca Craia