giovedì 8 febbraio 2018

Se fossimo un Paese normale.



Se fossimo un Paese normale, un Paese dove non sia più importante il tifo per la propria squadra che la famiglia, dove la gente sia abituata a ragionare con la propria testa anziché seguire le direttive del leader di partito, un Paese in cui il cittadino senta il bene pubblico come suo e si adoperi per la sua protezione, tutto quello che è accaduto a Macerata, nella sua estrema tragicità, ci servirebbe da monito, da spunto per evidenziare un problema grave che affligge la nostra società, uno sprone a ragionare e a trovare razionalmente e civilmente una soluzione.
I fatti di Macerata, dei quali negare l’interconnessione è in malafede, ci indicano come i problemi della legalità, del rispetto delle regole uguale per tutti, dell’ordine pubblico e di un’immigrazione incontrollata e mal gestita stiano minando in maniera seria la stessa stabilità della nostra società. Negare che la situazione dell’ordine pubblico sia drasticamente peggiorata negli ultimi vent’anni è impossibile: ci sono zone delle nostre città uscite dal circolo della legalità e della civiltà, zone franche di illegalità dove persino i tutori dell’ordine faticano a entrare. Negare che la criminalità di matrice straniera sia responsabile di questa degenerazione è altrettanto impossibile perché è evidente, sotto gli occhi di tutti.
Nel contempo non si può generalizzare né additare come criminale ogni immigrato. E allo stesso modo, come Paese civile, abbiamo il dovere di aiutare chi viene da noi a chiedere aiuto o di dare l’opportunità a chiunque di costruirsi un futuro nella nostra Nazione. Ma abbiamo anche il dovere verso i nostri concittadini di fare in modo che tutto questo avvenga nel rispetto dei diritti di tutti, nella più totale uguaglianza, nella tutela della nostra cultura e nel rispetto delle nostre regole.  Purtroppo è chiaro che questo aprirsi verso chi viene da lontano per trovare un futuro da noi è stato gestito fino a oggi in maniera totalmente sbagliata, sia per buona fede sia per tornaconti economici e politici.
I fatti di Macerata hanno dimostrato che è giunto il momento di correggere gli errori e di ristabilire una regolamentazione dell’immigrazione e dell’accoglienza che possa tutelare sia i cittadini italiani che coloro che arrivano in Italia nella speranza di una vita migliore. È doveroso che tutto questo sia indolore per tutti. Fino a oggi non lo è stato, con ogni evidenza, se l’illegalità è così diffusa e distrugge la nostra serenità e la nostra qualità della vita.
L’occasione di riflessione, che possa diventare il punto di partenza per una riforma generale del sistema, non può essere sprecata a causa dell’ottusità di pochi e della venalità di ancora più pochi. Eppure assistiamo a una corsa a chi esaspera di più, a chi trova più punti di vantaggio su chi la pensi diversamente, sull’antagonista politico e ideologico.
È triste che si sia dovuti arrivare al divieto di organizzare manifestazioni a Macerata. È triste che sia stato necessario, perché denota la nostra profonda immaturità come cittadini e l’inadeguatezza delle organizzazioni che si propongono di organizzarci, partiti, movimenti, associazioni. Il Prefetto non può ordinare alle forze politiche e sociali di sedersi intorno a u tavolo e discutere pacificamente, può solo evitare che si azzuffino per strada. Dovrebbe invece essere sentito come un preciso dovere nei confronti dei cittadini italiani e stranieri, perché da questa situazione usciamo solo col dialogo e con il confronto costruttivo, certamente non con lo stallo derivante da minacciose dichiarazioni e da manifestazioni violente.
Non ho visto iniziative in questo senso, nemmeno da partiti sedicenti democratici. C’è solo l’arroccamento sulle proprie posizioni, l’indisponibilità a muovere un solo passo nella direzione di capire le ragioni dell’altro. Eppure mai come in questo caso vale il detto “in medio stat virtus”, perché nessuno ha ragione, nessuno possiede la verità ma essa risiede soltanto nella mediazione e nella ricerca del bene assoluto, che è certamente irraggiungibile ma quanto meno deve essere il riferimento di tutti.

Luca Craia


Casapound sgombera gli abusivi. E lo fa abusivamente. Serve la legalità dello Stato, non quella fai da te.



Si è presa un sacco di applausi mediatici, Casapound, che l’altro giorno, a Porto Sant’Elpidio, è intervenuta su un immobile occupato abusivamente pare da clandestini. I ragazzi del gruppo di estrema destra hanno ripulito il fabbricato denunciandone lo stato di degrado e sostituendosi di fatto alle forze dell’ordine, pare su richiesta dei proprietari dell’immobile che, a sentire invece il Sindaco di Porto Sant’Elpidio, Nazareno Franchellucci, non hanno mai denunciato il fatto alle autorità.
Il sentimento comune di illegalità diffusa e di sostanziale stallo da parte dello Stato, con delinquenti a piede libero nonostante l’aver commesso reati anche gravi, ha fatto sì che la prima reazione dell’opinione pubblica sia stata di plauso per l’operato dei giovani tartarugati. Credo invece che sia un atteggiamento piuttosto pericoloso e inaccettabile, perché l’azione svolta da Casapound è illegale né più né meno dell’occupazione abusiva di un fabbricato. Non si può combattere l’illegalità con altra illegalità, non si può permettere che il cittadino, per quanto in buona fede e armato di buona volontà, si sostituisca allo Stato nelle sue mansioni, specie in quelle relative alla pubblica sicurezza.
Avallando certi comportamenti si rischia di legittimare chiunque decida di farsi giustizia da solo, perché il principio, in fondo, è lo stesso: lo Stato non interviene, interviene il cittadino. Questo non è tollerabile e non è una soluzione di buon senso. Il senso civico dovrebbe spronare il cittadino non a intervenire, bensì a sollecitare, con tutti i mezzi, lo Stato a svolgere la sua funzione, quando questa latita.
Capisco la smania di Casapound di rifarsi una reputazione dopo aver seminato violenza per anni, dopo aver imbrattato le città di scritte abusive e illegali, dopo aver deturpato monumenti e disturbato la quiete pubblica con le sue pittoresche coreografie: si rende necessario. Per la tartaruga, darsi un tono più moderato e civico, visti i recenti impegni elettorali per i quali l’atteggiamento da sfascia tutto del passato non paga sicuramente. Ma bisogna stare attenti perché se passa il messaggio che chiunque possa mettersi a fare il giustiziere, ci ritroviamo in un battibaleno nel far west.

Luca Craia

mercoledì 7 febbraio 2018

Sandro Zaffiri - Tesi diametralmente opposte sul futuro del nostro Aeroporto.



Comunicato integrale

In merito alle dichiarazioni dei parlamentari PD apparse oggi sulla stampa “Salvare Aerdorica significa salvare la struttura Aeroporto”, interviene con forte preoccupazione il Presidente della Commissione d'inchiesta su Aerdorica Sandro Zaffiri.
“Non è detto che salvare Aerdorica significa salvare l'Aeroporto” sostiene con fermezza Zaffiri, infatti trattandosi di una Società di servizi i ricavi provengono appunto dalla quantità di servizi che la stessa riesce ad offrire per l'attività aeroportuale e, pertanto, visto che le entrate sono flessibili è pretestuoso affermare che salvando Aerdorica si salva l'aeroporto.
Come ribadito più volte dal Presidente della Commissione d'Inchiesta Zaffiri, “solo con una nuova Società si riuscirà a salvare veramente l'Aeroporto”.
Questo governo regionale a guida PD deve prendere atto che per una buona gestione dello scalo marchigiano è necessario un manager veramente esperto di trasporto aereo e  non può continuare a chiedere soldi ai marchigiani per metterli in Aerdorica senza un VERO progetto di sviluppo, conclude Zaffiri.


Il Presidente della Commissione d'Inchiesta Aerdorica
Sandro Zaffiri