Quello
che si legge sui social all’indomani della manifestazione di sabato scorso è un
effetto probabilmente indesiderato ma piuttosto dannoso per la società
maceratese. Si è creata una spaccatura nel tessuto della città, una spaccatura
che non serve al vivere comunitario, che non serve alla convivenza pacifica,
che non serve all’integrazione degli stranieri. Una spaccatura che si poteva e
doveva evitare. Lo stesso Sindaco Carancini appare estremamente amareggiato e
preoccupato quando dice al Corriere Adriatico: “Loro ora andranno via, se ne andranno tutti, a me rimarranno i cocci di
tutto questo”. Cocci che saranno difficili da ricomporre. Stamattina un’esercente
che sabato ha tenuto aperto nonostante tutto suggerisse di evitarlo,
apostrofava i colleghi che, invece, hanno chiuso per tutelarsi da potenziali
danneggiamenti con l’epiteto di “codardi”. Sono microfratture del tessuto
sociale che non fanno bene a Macerata, né all’Italia, avendo di contraltare un
beneficio che non si vede o, almeno, sfugge.
Il beneficio non c’è, pare, perché
da oggi a Macerata i problemi rimarranno sempre gli stessi, quelli di ordine
pubblico, quelli di zone pericolose e in mano al crimine, e i fascisti che tanto
hanno spaventato i manifestanti, per combattere i quali ci si è mossi da tutta
Italia, pur essedo sempre poche decine di persone, non sono stati minimamente
scalfiti dagli slogan scanditi lungo le mura sabato scorso.
Le parole di Sua Eminenza, Monsingor
Nazzareno Marconi, sono emblematiche: “Ora che i riflettori pian piano si
spegneranno e le Tv e i politici andranno a fare campagna elettorale sul
palcoscenico di qualche altra tragedia, noi restiamo a raccogliere i cocci e a
ricostruire. A ricostruire la serenità delle famiglie, la capacità di incontrarci
senza paure e senza aggressività, la volontà di accogliere e di lavorare per il
bene comune”. Posta la buona fede dei dimostranti di sabato, con qualche dubbio
su quella degli organizzatori, comunque una riflessione sarebbe opportuna.
Luca
Craia