lunedì 12 febbraio 2018

Macerata spaccata. La manifestazione ha fatto più danni che benefici.



Quello che si legge sui social all’indomani della manifestazione di sabato scorso è un effetto probabilmente indesiderato ma piuttosto dannoso per la società maceratese. Si è creata una spaccatura nel tessuto della città, una spaccatura che non serve al vivere comunitario, che non serve alla convivenza pacifica, che non serve all’integrazione degli stranieri. Una spaccatura che si poteva e doveva evitare. Lo stesso Sindaco Carancini appare estremamente amareggiato e preoccupato quando dice al Corriere Adriatico: “Loro ora andranno via, se ne andranno tutti, a me rimarranno i cocci di tutto questo”. Cocci che saranno difficili da ricomporre. Stamattina un’esercente che sabato ha tenuto aperto nonostante tutto suggerisse di evitarlo, apostrofava i colleghi che, invece, hanno chiuso per tutelarsi da potenziali danneggiamenti con l’epiteto di “codardi”. Sono microfratture del tessuto sociale che non fanno bene a Macerata, né all’Italia, avendo di contraltare un beneficio che non si vede o, almeno, sfugge.
Il beneficio non c’è, pare, perché da oggi a Macerata i problemi rimarranno sempre gli stessi, quelli di ordine pubblico, quelli di zone pericolose e in mano al crimine, e i fascisti che tanto hanno spaventato i manifestanti, per combattere i quali ci si è mossi da tutta Italia, pur essedo sempre poche decine di persone, non sono stati minimamente scalfiti dagli slogan scanditi lungo le mura sabato scorso.
Le parole di Sua Eminenza, Monsingor Nazzareno Marconi, sono emblematiche: “Ora che i riflettori pian piano si spegneranno e le Tv e i politici andranno a fare campagna elettorale sul palcoscenico di qualche altra tragedia, noi restiamo a raccogliere i cocci e a ricostruire. A ricostruire la serenità delle famiglie, la capacità di incontrarci senza paure e senza aggressività, la volontà di accogliere e di lavorare per il bene comune”. Posta la buona fede dei dimostranti di sabato, con qualche dubbio su quella degli organizzatori, comunque una riflessione sarebbe opportuna.

Luca Craia



Oggi dico un’ovvietà su terremoto e manifestazioni



Lo so che sto per scrivere un’ovvietà, una cosa che sfiora la banalità, ma spesso dietro l’ovvietà delle cose si nota la verità, perché spesso la verità è ovvia. Lo hanno detto in molti, ieri e l’altro ieri, molti di quelli che in questi ultimi mesi si sono occupati di terremoto e terremotati, lo hanno detto i terremotati stessi, quei terremotati che, per quanto rassegnati, ancora trovano la forza per indignarsi per il modo in cui lo Stato prima ma gli stessi Italiani poi li hanno trattati, con la facilità con cui sono stati dimenticati a favore di altre questioni evidentemente più remunerative da un punto di visto politico ed elettorale. Quindi lo dico anch’io, per quanto ovvio e per quanto apparentemente banale.
Non entro nel merito delle motivazioni che hanno spinto tante persone (15, 20, 30.000 a seconda se a contare sono gli organizzatori, la questura o i piccioni di Macerata) a sfilare, sabato scorso, per manifestare la loro contrarietà al fascismo. Ne ho già parlato e ho già espresso la mia opinione sull’opportunità di questa iniziativa. La domanda che ci siamo fatti in tanti, banale ma vera, è questa: dov’erano questi difensori dei più deboli quando si manifestava per i diritti calpestati dei terremotati? Per carità, ognuno ha le sue sensibilità e le proprie priorità, ma se tanta energia fosse stata profusa anche per dimostrare solidarietà e vicinanza alle persone sbattute fuori casa dal terremoto per poi vedere la propria dignità calpestata dallo stesso Stato che avrebbe dovuto sostenerli e prendersi cura di loro, proprio in base a quella costituzione che sabato, a Macerata, si voleva difendere.
Eppure sabato hanno sfilato sigle sindacali che dovrebbero tutelare i più deboli e, dopo il terremoto, si fa fatica a pensare a persone più deboli, loro malgrado, di quelle che hanno perso tutto. C’erano tante persone armate di buone intenzioni, persone che, però, non si sono mai viste quando c’era da chiedere aiuto e sostegno per quella parte della provincia di Macerata, ma anche per il resto del cratere, massacrata dal terremoto e abbandonata dallo Stato.
Per questo mi chiedo: quanta genuinità c’è dietro l’organizzazione di questi eventi? Quanta spontaneità? Quanto calcolo? Quanto interesse politico? Quanto tornaconto? I terremotati, si sa, sono pochi, spostano pochi voti, capisco che sono poco interessanti per il calcolo politico. Ma i principi? I valori? Quella Costituzione che tanto amiamo a parole ma che utilizziamo solo e sempre quando e se c’è convenienza? Domande banali, lo so, qualunquiste, come si usa etichettare tutto oggi. Però una risposta, anche banale la meriterebbero, credo.

Luca Craia

sabato 10 febbraio 2018

Macerata. Sfilata finita, bambini contenti. È andata bene.



È andata bene, via. Non s’è fatto male nessuno, si sono fatti un giretto attorno alle mura, una bella passeggiata corroborante, hanno fatto i loro coretti e ora tornano a casa contenti. Non s’è visto un fascista che sia uno, al contrario di quelli dei centri sociali che l’altra sera, alla manifestazione dell’altro lato di questa gara tra irresponsabili, ci sono andati eccome a cercare rogna. I fascisti no, non ci sono andati: o si sono messi paura o non è vero che a Macerata è pieno di fascisti.
A farsi male sono stati i commercianti, che hanno perso un sabato di lavoro; gli studenti, che hanno perso una mattinata di lezioni; le Istituzioni, che hanno perso la faccia; gli stessi manifestanti, che hanno fatto la figura barbina del coretto demente sulle foibe. Però hanno avuto la loro soddisfazione e sono tutti contenti.
Probabilmente l’intento non era solo quello di farsi una passeggiata a Macerata, in realtà un tizio col megafono lo ha anche detto: “ci riprenderemo la zona grigia” dove la zona grigia saremmo noi, che non siamo né fascisti né comunisti. Mi fa un po’ impressione essere considerato grigio, ma posso sopravvivere. Comunque la “zona grigia” non l’hanno certo recuperata oggi con questa pantomima di bellecciao e hastalavictoriasiempre.
Alla fine, la cosa positiva è che Macerata ha dimostrato che l’accusa di razzismo e fascismo è infondata, e questo è un bene, perché Fermo ancora si porta addosso immeritatamente il marchio impresso a fuoco dagli stessi che oggi zompettavano felici lungo le mura. A proposito: a me tanta allegria mi ha fatto un po’ rabbia. C’era davvero poco di cui stare allegri.

Luca Craia