Presumere a priori che un
atto abbia una natura razzista, accusando di razzismo un’intera città,
organizzando una manifestazione per farlo e, addirittura, provocare danni e
compiere atti di vandalismo: anche questo è razzismo. E stavolta i razzisti
sono gli stranieri, la vittima è Firenze. C’è stato un omicidio: un uomo che
voleva suicidarsi e poi, anziché spararsi, ha rivolto la pistola verso la prima
persona che gli è passata davanti, un cittadino senegalese regolarmente
immigrato in Italia, e l’ha uccisa. Un gesto orribile, inspiegabile, che nulla
ha di razzista. Ha solo la follia, la deriva della mente umana, e ci pone
interrogativi pesanti sulla china violenta che ha preso la nostra società dove
un cittadino qualsiasi, a quanto pare irreprensibile, non si fa scrupolo di
uccidere un uomo, qualsiasi ne sia il motivo. Ma il motivo, in questo caso,
evidentemente non è razzista.
Eppure la prima cosa che fa
la comunità senegalese di Firenze è di scendere il strada a protestare. Contro
cosa? Contro un razzismo che non c’è e non c’è stato, prendendo per assunto il
fatto che ogni violenza subita da uno straniero in Italia sia di matrice
razzista, che l’Italia stessa sia razzista. E questo è razzismo a sua volta. C’è
una manifestazione di Senegalesi alla quale si uniscono affrettatamente e senza
ponderare l’accaduto anche diversi Italiani, anch’essi convinti che l’Italia
sia razzista. È una deriva, una tara mentale, una concezione pericolosa
alimentata da una certa politica per fini propagandistici ma che si sta diffondendo
e creando situazioni pericolose.
A Firenze ci sono stati
danni, scene violente, momenti di grande tensione. La città ha subito l’oltraggio
di un’accusa infondata e di danneggiamenti derivanti da questa accusa, ha
subito una violenza immotivata innescata da un concetto politico errato e
pericoloso. Credo che questo sia inaccettabile e non bastano le scuse dei
leader della comunità senegalese. Serve ripensare i criteri di convivenza
civile tra Italiani e ospiti stranieri. Serve, soprattutto, che la politica che
soffia sul fuoco dell’odio razziale si renda conto che le conseguenze possono
essere pesanti e, soprattutto, che l’odio non è autorizzato in nessun caso, nemmeno
dal professarsi antirazzista o antifascista.
(foto e video: La Nazione)
Luca Craia