martedì 6 marzo 2018

A Firenze va in scena il razzismo al contrario. Senegalesi contro Italiani, danni e atti vandalici per un omicidio non razzista (video)



Presumere a priori che un atto abbia una natura razzista, accusando di razzismo un’intera città, organizzando una manifestazione per farlo e, addirittura, provocare danni e compiere atti di vandalismo: anche questo è razzismo. E stavolta i razzisti sono gli stranieri, la vittima è Firenze. C’è stato un omicidio: un uomo che voleva suicidarsi e poi, anziché spararsi, ha rivolto la pistola verso la prima persona che gli è passata davanti, un cittadino senegalese regolarmente immigrato in Italia, e l’ha uccisa. Un gesto orribile, inspiegabile, che nulla ha di razzista. Ha solo la follia, la deriva della mente umana, e ci pone interrogativi pesanti sulla china violenta che ha preso la nostra società dove un cittadino qualsiasi, a quanto pare irreprensibile, non si fa scrupolo di uccidere un uomo, qualsiasi ne sia il motivo. Ma il motivo, in questo caso, evidentemente non è razzista.
Eppure la prima cosa che fa la comunità senegalese di Firenze è di scendere il strada a protestare. Contro cosa? Contro un razzismo che non c’è e non c’è stato, prendendo per assunto il fatto che ogni violenza subita da uno straniero in Italia sia di matrice razzista, che l’Italia stessa sia razzista. E questo è razzismo a sua volta. C’è una manifestazione di Senegalesi alla quale si uniscono affrettatamente e senza ponderare l’accaduto anche diversi Italiani, anch’essi convinti che l’Italia sia razzista. È una deriva, una tara mentale, una concezione pericolosa alimentata da una certa politica per fini propagandistici ma che si sta diffondendo e creando situazioni pericolose.
A Firenze ci sono stati danni, scene violente, momenti di grande tensione. La città ha subito l’oltraggio di un’accusa infondata e di danneggiamenti derivanti da questa accusa, ha subito una violenza immotivata innescata da un concetto politico errato e pericoloso. Credo che questo sia inaccettabile e non bastano le scuse dei leader della comunità senegalese. Serve ripensare i criteri di convivenza civile tra Italiani e ospiti stranieri. Serve, soprattutto, che la politica che soffia sul fuoco dell’odio razziale si renda conto che le conseguenze possono essere pesanti e, soprattutto, che l’odio non è autorizzato in nessun caso, nemmeno dal professarsi antirazzista o antifascista. 
(foto e video: La Nazione)


Luca Craia

Sei anni fa nasceva L’Abbraccio. Tanta strada e bene fatti, nel ricordo del fondatore, Gaetano Di Rosa.



Ieri sera, spulciando tra i ricordi che quotidianamente Facebook ci ripropone, mi è tornato davanti l’appello di mio cugino Gaetano per incontrarsi e cominciare a lavorare sulla costruzione di una onlus che sostenesse l’opera dell’hospice di Montegranaro. Gaetano mi aveva chiamato pochi giorni prima per propormi questa sua idea e ci eravamo incontrati, un tardo pomeriggio, al bar Corradini per discuterne insieme. Da lì nacque l’incontro che si sarebbe tenuto il 9 marzo presso la Sala dei Convegni di Palazzo Francescani, un incontro, ricordo, molto partecipato, con la presenza dello stesso primario del reparto e di oncologia a Fermo, Lucio Giustini, dal quale prese le mosse quell’associazione che, pochi mesi dopo, prese il nome di L’Abbraccio.
Gaetano Di Rosa voleva fortemente creare questo sodalizio e mi coinvolse perché entrambi avevamo avuto lutti gravi e avevamo avuto l’esperienza di avere una persona cara seguita e curata presso l’hospice montegranarese. La sua esigenza era di sostenere il più possibile questa realtà e di aiutarla a continuare la sua opera umana e medica in aiuto di uomini e donne posti davanti a grandissime sofferenze fisiche e psicologiche. Sapeva, Gaetano, quello che prova il familiare di una persona ricoverata presso l’Hospice e si proponeva di prendere iniziative perché anche i familiari potessero essere aiutati ad affrontare momenti così difficili.
L’Abbraccio nacque per due motivi: sostenere l’Hospice come struttura, sia moralmente che economicamente, trovando finanziamenti e aiuti per iniziative che ne appoggiassero e ampliassero l’opera e, nel contempo, formare un gruppo di volontari che andasse in aiuto dei pazienti e dei loro familiari. Da allora sono passati otto anni e L’Abbraccio è diventata una realtà importante che lavora costantemente per portare avanti i propri obiettivi, prendendo miriadi di iniziative, coinvolgendo l’intera società civile e, soprattutto, portando quotidianamente i propri volontari in aiuto di chi soffre.
In sei anni di strada ne è stata fatta tanta e di bene altrettanto. Nel frattempo Gaetano ci ha lasciati, e non possiamo che rimpiangerne lo spirito, le iniziative, la mente vulcanica e la capacità di coinvolgere persone in progetti importanti come questo. Oggi a portare avanti l’associazione così fortemente voluta c’è un gruppo di persone motivatissime e dal grande cuore, guidate dal Presidente, Luciano Pini, e da un direttivo con idee e grande sensibilità che ha fatto crescere l’associazione e ha amplificato la sua azione. Dopo sei anni da quell’incontro voluto da Gaetano Di Rosa, L’Abbraccio è una realtà consolidata e imprescindibile, della quale il fondatore non potrebbe che essere orgoglioso.


Luca Craia

lunedì 5 marzo 2018

Tracolla il PD montegranarese. E Ubaldi?



Non so come avrà interpretato i risultati elettorali il vicesindaco di Montegranaro, Endrio Ubaldi. Uomo di destra, con radici nella destra estrema, è alleato con la sinistra, se così si può dire, per questioni locali, avendo rotto tutti i ponti con la destra montegranarese, quindi per cause di forza maggiore più che per un progetto politico che, alla luce di quattro anni di amministrazione a guida Pd-Ubaldi, è evidente che non ci sia mai stato.
Oggi Ubaldi si trova in una curiosa posizione: vede avanzare le destre, a cui ideologicamente fa o dovrebbe fare riferimento, e questo dovrebbe fargli piacere, probabilmente egli stesso ha votato a destra, lasciando magnanimamente “libertà di voto” a chi a lui fa riferimento a Montegranaro. Ma, nel contempo, il dato che scaturisce dalle urne montegranaresi parla di un Pd, suo alleato locale, fortissimamente ridimensionato e politicamente indebolito.
Ora l’interpretazione potrebbe essere duplice: un Pd indebolito, per quanto il voto nazionale vada distinto dal quello locale, potrebbe causare qualche tipo di problema politico a livello amministrativo e questo potrebbe gravare sull’azione di governo della città. Contemporaneamente, però, l’indebolimento dell’alleato cambia gli equilibri di forza all’interno della maggioranza. In effetti Ubaldi, essendo ufficialmente sganciato da qualsiasi schieramento nazionale, non ha subito alcuna conseguenza politica dai risultati elettorali, mentre il Pd ha preso una sonora batosta. Questo potrebbe cambiare gli equilibri a favore del nostro vicesindaco. Insomma, sicuramente qualcosa cambierà, come e in che senso vedremo.  

Luca Craia