venerdì 9 marzo 2018

Il Giardino in Piazza a Montegranaro per San Giuseppe. Beverati ci riprova per la terza volta.



Terza edizione per l’iniziativa dell’Assessore montegranarese Giacomo Beverati “Giardino in piazza”, un tentativo per riportare gente nel centro storico di Montegranaro che è nata, appunto, tre anni fa quando, nonostante l’idea buona e lodevole, la manifestazione fu poco partecipata. Andò meglio l’anno scorso con numerosi montegranaresi e non a girare tra piante, fiori e un vero e proprio giardino allestito davanti al municipio. Quest’anno Beverati va sul sicuro e coniuga la kermesse con la tradizionale fiera primaverile di San Giuseppe. Peccato, perché per la fiera la gente è sempre venuta comunque mentre piazzare l’evento in un altro giorno avrebbe dato vivacità al morente centro storico una volta di più.
L’iniziativa comunque è bella, dicevamo, e lodevole, come ogni tentativo di rianimare un centro storico che, per la maggior parte dei fine settimana, è più deserto della steppa siberiana. Si spera, quindi, che la gente approfitti dell’allestimento di piazza Mazzini per farsi un giro anche nelle antiche strade del castello, per riscoprire angoli suggestivi e memorie del passato.  
Occorre mettere in campo più frequentemente idee come questa, magari collaborando di più e con più fiducia con le associazioni culturali, specie quelle che si occupano di centro storico e di valorizzazione del patrimonio culturale. In quattro anni di consiliatura, questa Amministrazione ha fatto davvero ben poco per allacciare rapporti proficui con le principali realtà associative del paese, mentre una sinergia più intensa potrebbe sicuramente dare maggiori frutti, creando occasioni di richiamo nel paese antico più frequenti e rendendolo più vivace. Passa anche da questo la rivalutazione del centro storico. Intanto godiamoci questo appuntamento che si preannuncia comunque gustoso: il 17 e il 18 marzo in piazza Mazzini e aree limitrofe.

Luca Craia

Appelliamoci al nuovo Parlamento: la ricostruzione non c’è, il sistema è da rifare.



I Governi di Renzi prima e di Gentiloni poi hanno impostato la ricostruzione in maniera del tutto errata, probabilmente con un disegno diverso da quello che ci si sarebbe dovuti aspettare, e la situazione attuale è drammatica, nonostante ci si prodighi, tutt’ora, nel propagandare un’immagine del Centro Italia in cui tutto sta filando alla perfezione. La realtà è molto diversa da quella che viene dipinta dal Commissario Straordinario De Micheli ogni qual volta viene intervistata o interpellata.
La realtà parla di 1090 SAE ancora da consegnare dopo oltre un anno e mezzo, che significa che ci sono ancora 1090 famiglie ancora fuori casa, parla di poco più di una decina di domande per i danni leggeri approvata, parla della volontà di abbattere per abusivismo quelle unità abitative erette in autonomia dai terremotati per non lasciare la loro terra e la loro attività agricola. La realtà parla di macerie ancora da rimuovere, di opere pubbliche ferme al palo, di paesi svuotati e desertificati (vedi Castelluccio), di centinaia di aziende chiuse, di migliaia di posti di lavoro persi. La realtà parla di suicidi, di depressi, di gente che sta male fisicamente a causa del terremoto e dell’assurda gestione dell’emergenza che ha condannato migliaia di persone a una diaspora interminabile. La realtà parla di soldi della solidarietà destinati a opere del tutto aleatorie, come la grotta sudatoria di Acquasanta Terme.
Ora è in procinto di insediarsi un nuovo Parlamento, con alcuni nuovi rappresentanti del popolo e molti vecchi politici navigati. A questo nuovo Parlamento, che dovrà presumibilmente esprimere un nuovo Governo, i cittadini italiani che conoscono la situazione devono fare appello perché si riparta con la ricostruzione, perché so riveda l’intero meccanismo, perché si reimposti il tutto e lo si renda finalmente efficace. Dobbiamo fare appello alle nuove Camere che si andranno a insediare perché si desista nel proposito scellerato di desertificare le montagne del Centro Italia e si cominci finalmente a ricostruire, partendo dalle case per giungere alle comunità. Il nuovo Parlamento e il nuovo Governo riprendano in mano la situazione e la resettino, in modo da poter davvero ricominciare. Prima che sia troppo tardi, sempre che non sia troppo tardi.

Luca Craia


giovedì 8 marzo 2018

C’è bisogno di sinistra ma la sinistra non c’è più

Dei tanti dati che possiamo estrapolare dall’ultima tornata elettorale ne scaturisce uno che pare non venga notato più di tanto ma che credo sia importante analizzare: in Italia la sinistra non c’è più. Posto che il PD sia mai stato di sinistra dopo aver sepolto sotto il renzismo, diretto discendente del berlusconismo, quel che restava del compianto e glorioso PCI, la devastazione che le elezioni hanno prodotto all’interno dell’orami ex partito di governo è ignominiosa. A parte le spacconate da discolo cattivo (e anche un po’ stupido) di Matteo Renzi, rimangono briciole di un partito in autodistruzione, evidenti nel nuovo silenzio dei leader e della base, specie sui social, dove si respira un clima da sconfitta calcistica con goleada, fatta eccezione da qualche ancor più triste grido di rabbia proveniente da qualche esponente che vorrebbe menar le mani a chiunque non sia del PD e, forse, anche con qualcuno del PD. Fatto sta che, se la sinistra era questa, ora ne è rimasta si e no l’ombra.
Ma c’era un’altra sinistra che stava cercando di risalire la china nella quale era stata gettata dal pantagruelico PD e lo stava facendo goffamente mostrando muscoli e slogan antichi. Una sinistra che approfittava di fatti brutti di cronaca che lanciare crociate contro fantomatici fascisti e contro questi fascisti ha allestito roghi non solo figurati, picchiando, rompendo, lanciando bombe artigianali, bevendo molto e gridando epiteti vergognosi alle forze dell’ordine. Ma anche si fossero limitate alle stantie canzonette tipo bellacciao e hastalavictoriasiempre, poche speranze di resurrezione avrebbero avuto. E gli elettori lo hanno detto chiaramente: siete vecchi, stantii, superati, sganciati dalla realtà. Quella sinistra è arrivata alle elezioni che già si era suicidata, tra slogan e manifestazioni assurde. Ne è rimasto solo il non sottovalutabile pericolo eversivo.
Il problema, però, è che una sinistra serve. Serve una forza politica che si occupi seriamente delle classi più deboli ma che lo faccia senza gli stereotipi superati e dannosi, senza le vecchie trite ideologie che andavano bene quarant’anni fa ma oggi ci parlano di un mondo che non esiste più. Serve una sinistra cosciente dei problemi reali del Paese e di quelli che le classi medio-basse devono affrontare quotidianamente per sopravvivere. Serve una sinistra che non viva in villetta, lontano dal mondo, senza ascoltare i suoni della lotta giornaliera che la gente conduce per vivere. Questa sinistra non c’è, non c’è ormai da un po’ di tempo, e al momento non sembra sia previsto che arrivi. Per il momento, per quanto paradossale, la sinistra la sta facendo la destra. Siamo un curioso Paese.  

Luca Craia