lunedì 19 marzo 2018

Doppio blackout all’accettazione analisi a Montegranaro. Quanto costerà mai un gruppo di continuità? Facciamo una colletta?



Chi va all’ospedale di Montegranaro (lo chiamiamo ancora così, anche se l’ospedale non c’è più da un bel po’) per farsi le analisi del sangue non ci va certo per divertirsi ma perchè ha un bisogno evidentemente di salute. In genere ci si va al mattino presto, programmati in modo di uscire di lì in tempo per poter andare al lavoro. Se qualcosa si intoppa il problema ha ripercussioni sia sulla salute che a livello di costi sociali.
Stamattina è mancata la corrente per ben due volte. Ovviamente, come salta la corrente il sistema informatico va in tilt. Il computer deve riavviarsi, deve riconnettersi col server della Asur e tutto questo richiede tempo, minuti preziosi, stress per chi è in coda, per il personale, tempo perso e gente che arriverà in ritardo al lavoro. Questa cosa si è ripetuta due volte nella stessa mattinata.
La situazione è stata gestita con la consueta professionalità dal personale in servizio, sempre molto gentile e competente, e anche il pubblico l’ha presa bene, non c’è stato altro che qualche mugugno, ma la gente ha compreso che il problema non dipendeva certo dal personale.
Il punto è che, per evitare che capitino questi piccoli ma significativi disservizi, basterebbe installare un gruppo di continuità sul computer. Si tratta di un apparecchietto che costa un centinaio di Euro, e con una così piccola spesa si possono evitare grandi disagi per i cittadini e per il personale. Coi soldi che paghiamo di tasse e ticket, credo bene che la sanità regionale si possa permettere un gruppo di continuità ma, qualora le misere casse anconetane non riescano a trovare i fondi necessari, potremmo fare una colletta come cittadini. Siamo circa tredicimila persone a Montegranaro, con un centesimo a testa compriamo il gruppo di continuità.  

Luca Craia

Fiera flop. Montegranaro sempre meno paese. Ripensarla o cancellarla definitivamente?



Il tempo non ha certamente aiutato a rendere la fiera di San Giuseppe attrattiva per i Montegranaresi: al mattino è piovuto anche copiosamente e le temperature sono state rigide, tanto che diversi piazzisti hanno disertato direttamente l’appuntamento lasciando ampi spazi vuoti lungo il percorso. Nel pomeriggio, però, nonostante le previsioni meteorologiche, sempre più terroristiche, profetizzavano tempesta, la pioggia è cessata e si è potuto godere di una mezza giornata di sereno con temperature miti. Ciononostante, la manifestazione primaverile, tradizione montegranarese da sempre, ha visto una scarsissima partecipazione di pubblico.
Non credo che questo dipenda dal clima, non più di tanto. Credo sia l’ennesimo segnale di come i Montegranaresi vivano sempre meno il loro paese e le occasioni, per quanto rare, di socializzazione. Eppure un giro per la fiera è sempre stato un’occasione di incontro, di scambio, un modo per vivere la propria comunità, magari in un contesto diverso da quello quotidiano. Invece, a quanto pare, si preferisce spostarsi, andare fuori dal paese che, seppure normalmente non offra grandi occasioni di svago e, di conseguenza, si contraddistingue per fine settimana deserti e desolanti, non riesce ad attrarre i propri cittadini neanche quando qualcosa la offre.
A questo punto credo sia legittimo chiedersi cosa farne, di questa tradizione. Vale la pena continuare a proporre la fiera di San Giuseppe oppure è più logico cancellarla definitivamente dal calendario degli eventi cittadini? Certamente, per continuare la tradizione, pare evidente che sia necessario ripensare il tutto e creare una nuova attrattività. In verità ieri era prevista anche la manifestazione florovivaistica in piazza, poi annullata sempre causa previsioni meteo. Ma non credo che, si fosse svolta regolarmente, avrebbe cambiato più di tanto la situazione.
Credo che la questione non sia tanto rendere appetibile l’evento quanto recuperare il senso di comunità dei Montegranaresi che, eccetto rarissime eccezioni, sembra ormai morto e sepolto. Bisogna quindi lavorare nel ricucire un tessuto sociale sempre più impalpabile, e per farlo è necessario lavorare perché la gente resti a Montegranaro sempre, tutti i fine settimana, e non solo quando arrivano iniziative saltuarie e occasionali.
Montegranaro non ha più nemmeno le sedi adatte per far vivere la comunità cittadina: il centro storico è morente, compresa la piazza, e la politica recente ha cercato addirittura di spostare il punto focale dal centro a viale Gramsci, che non potrà mai diventare la vera piazza del paese sia per la sua connotazione strutturale sia per evidenti problemi di esposizione alle intemperie che lo rendono invivibile per lunghi periodi (o troppo caldo o troppo freddo). Non ci sono luoghi di incontro, persino la chiesa centrale è chiusa da un anno e mezzo. Bisogna quindi agire per ricreare il paese, partendo proprio da una progettualità urbanistica che ne ricostruisca il centro vitale nei luoghi storicamente deputati a esserlo. Ecco quindi la necessità di agire sul centro storico e riportarlo a essere il fulcro della vita cittadina. Il centro di un paese è il suo cuore e se il cuore muore, è ovvio che muoia anche tutto il resto.

Luca Craia

Il centro storico non esiste.

Secondo la Polizia Municipale di Montegranaro e, probabilmente, secondo la stessa Amministrazione Comunale, il centro storico di Montegranaro non esiste. Ieri c'era la fiera di San giuseppe, e le normative impongono di chiudere le strade con delle barriere invalicabili dai mezzi di trasporto che potrebbero diventare armi in mano ai terroristi. 
Queste barriere potevano essere messe in prossimità dell'inizio della fiera, in fondo a viale Gramsci. Invece, la Polizia Municipale di Montegranaro, ha pensato bene di piazzarli in mezzo alla curva di via Zoli, impedendo di fatto ai residenti del centro storico di poter tornare a casa in auto anche se, per farlo, non avrebbero impegnato in alcun modo il percorso della fiera.
Non è una cattiveria nei confronti dei cittadini di Montegranaro che vivono nel centro storico, non è un dispetto. È semplicemente la dimostrazione del fatto che nella testa di chi amministra e chi gestisce certe cose, il centro storico di Montegranaro non esiste.

Luca Craia

sabato 17 marzo 2018

I Senegalesi dell’Hotel House manifestano contro gli Italiani assassini e fascisti. Chi li manovra?




Si è svolta sabato a Porto Recanati una manifestazione organizzata dall’associazione Gui Ghy che raccoglie i cittadini di nazionalità senegalese residenti nel famigerato Hotel House, il palazzone diventato una sorta di zona franca dove lo Stato si è sempre arreso. Le motivazioni della manifestazione partono dai fatti di Firenze, dove un uomo di origine senegalese, appunto, è stato ucciso da un Italiano.
Nonostante sia stato appurato che non vi sia alcuna matrice razzista e che, anzi, pare che l’assassino sia culturalmente inquadrabile come antifascista, si continua a montare una campagna di odio razziale al contrario che sta diventando davvero preoccupante. La sintesi è rappresentata da una foto che sta girando sul web dove un uomo di colore imbraccia un cartello che recita: “Stop Italia assassini e fascisti”.
Sono accuse pesanti, gravissime, accuse ingrate nei confronti di una Nazione e del suo Popolo che sta ospitando e dà modo di vivere a queste persone che, per la stessa definizione di rifugiato, altrimenti rischierebbero la vita seriamente. È un’accusa che indigna e rappresenta un odio crescente nei confronti del Popolo Italiano da parte di questi stranieri, un odio che deve preoccupare.
E preoccupa anche la strumentalizzazione politica, perché è evidente che qualcuno sta manovrando i fatti di cronaca recenti per creare tensione sociale, strumentalizzando gli stessi immigrati che rischiano di diventare non più soltanto un problema sociale ma anche un problema serio di ordine pubblico. Occorre fare chiarezza su chi sta manovrando queste situazioni.


Luca Craia