martedì 20 marzo 2018

Disoccupazione e terremoto. Bocciata la proposta di preferire le ditte locali per la ricostruzione.


Su richiesta delle opposizioni, martedì 13 marzo si è riunito il Consiglio Regionale delle Marche per discutere della grave situazione della crisi economica che ha investito il Paese, con particolare riferimento alla situazione della nostra Regione. Alla seduta erano invitate anche alcune delegazioni di disoccupati marchigiani. Le opposizioni, in particolar modo i gruppi della Lega Nord, di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e di Area Popolare, hanno presentato una proposta di risoluzione che, oltre ai riferimenti particolari alle varie aree di crisi complessa e non, sia riconosciute che in via di riconoscimento, chiedeva in maniera chiara e netta che venisse “previsto negli appalti pubblici e nella fase di ricostruzione post-sisma, premialità per quelle imprese che impiegano manodopera locale”.
Nella situazione venutasi a creare dopo il terremoto, come abbiamo più volte ribadito su queste pagine, è ovviamente necessario incentivare la ripresa dell’economia locale nelle zone direttamente colpite, favorendo l’impiego di imprese e manodopera locale in modo da innescare quel processo virtuoso che possa portare a una rinnovata circolazione di denaro con ovvie conseguenti ripercussioni positive su tutto il comparto economico locale. Non ci vuole certo un economista per capire che, dando incarichi e favorendo negli appalti il lavoro del posto, il beneficio per l’economia locale è immediato e molto più forte.
Evidentemente, però, ad Ancona non la pensano così, tanto che la proposta di cui sopra è stata rigettata, preferendo approvarne un’altra che dice tutto ma non dice niente. In particolare, la proposta approvata impegna Presidente e Giunta Regionali “a porre in atto tutte le azioni necessarie presso il governo ed i ministeri competenti in materia di lavoro e welfare, per coordinare, in forza delle rispettive competenze, azioni volte al contrasto della disoccupazione, incentivo al reinserimento lavorativo, sostegno alle persone e famiglie in difficoltà economica per mancanza di lavoro”. Tradotto in italiano corrente vuol dire che si aspettano le decisioni degli altri, che non si fa niente se non il classico blablablà. 
La proposta approvata, a danno dell’altra che, forse, forniva qualche risposta concreta in più, porta la firma dei Consiglieri del PD Urbinati e Giancarli, di quelli del Gruppo Misto Busilaccchi e Bisonni, di quelli del Gruppo Uniti per le Marche (Rapa) e dell’UDC (Marconi). A votarla anche il Movimento 5 Stelle che, invece, ha bocciato l’altra.
Tanto per la cronaca.

Luca Craia

I terroristi che pontificano e i loro nuovi discepoli. Con la fine di Berlusconi risorge la sinistra rivoluzionaria.


Ho guardato con molto interesse il dibattito in corso sull’opportunità che i terroristi delle Brigate Rosse vadano in televisione a portare testimonianza di quei terribili anni di cui sono stati tremendi protagonisti. Ho aspettato un po’ per scriverci perché anche io, al momento, ero piuttosto adirato nel vedere quei volti sorridenti e quelle parola sostanzialmente leggere appartenenti a chi dovrebbe, quanto meno da un punto di vista morale, tacere per il resto della propria vita e parlare soltanto per dire finalmente quelle verità che, dopo tanti anni, lacrime, dolore e sangue, ancora latita. Ma ci ho ragionato.
Credo che l’uomo dotato di discernimento possa ascoltare il racconto dei vari Faranda, Moretti, Balzerani e compagnia cantante, anzi, sparante traendone il giusto insegnamento, ossia che l’uomo può essere cattivo, ma cattivo sul serio, tanto cattivo da imbracciare un mitra per promulgare e imporre la propria idea politica e si badi bene, per imporre un’idea, non per difendere un diritto. L’uomo intelligente può vedere il sorriso su quei volti, ascoltare le loro parole tuttora ignobili, la loro ironia, la loro persistente giustificazione dell’ingiustificabile, l’uomo intelligente può sopportare la nausea, controllare la rabbia e utilizzare tutto questo per capire meglio certi meccanismi. Perché certi meccanismi vanno capiti, perché certi meccanismi ancora esistono e funzionano. Perché certi meccanismi rappresentano tutt’ora e, forse, oggi più che mai un serio pericolo per tutti.
A me vedere gli assassini che si facevano chiamare (e lo fanno ancora) “Brigate Rosse” in televisione che pontificano e parlano di morale politica non fa paura. Magari fa rabbia ma non fa paura. A me fanno paura i centri sociali che li invitano, i giovani che ascoltano le parole di questi criminali privi di umanità e le prendono a insegnamento, quei giovani che poi, magari, in nome dei diritti dei più deboli picchiano a sangue un carabiniere che ha avuto la sventura di scivolare davanti a loro durante una manifestazione, quei giovani che auspicano la morte dei poliziotti, che lanciano molotov, che spaccano vetrine e automobili. A me fanno paura quei giovani, perché tra loro potrebbe nascondersi un nuovo Mario Moretti, un nuovo Gallinari.
È un momento storico delicato e lo vediamo da molti segnali. La sinistra antagonista e rivoluzionaria ha sempre rappresentato un pericolo per la democrazia ma, dopo il fallimento del progetto eversivo delle BR e dei gruppi paralleli, l’avvento del berlusconismo aveva coagulato le forze antiberlusconiane in un unico amalgama disomogeneo ma compatto, mescolando centristi a estremisti di sinistra con l’unico obiettivo di combattere e sconfiggere il comune nemico. 
Oggi, sostanzialmente caduto Berlusconi, ognuno torna se stesso e, come io, fondamentalmente moderato di cultura laica, posso tornare ad avere una visione politica più ampia, l’estremista di sinistra ritorna al proprio ruolo che, potenzialmente, è pericoloso per la società. Il ritorno alla manifestazione violenta, alla teorizzazione della legittimazione dell’uso della forza contro l’avversario, indicato sempre e comunque come fascista e, infine, l’estrazione dalla naftalina dei promotori teorici e pratici della lotta armata, fanno temere un ritorno alle condizioni che, cinquant’anni fa, portarono l’Italia a vivere uno dei periodi più bui della propria storia.
Il giornalista fa il suo mestiere quando intervista un ex terrorista. Fa informazione, fa ricerca storica. Ma attenzione alla legittimazione. Va sempre e comunque chiarito che chi viene intervistato è un assassino, una persona che ha ucciso o fatto uccidere, che ha tentato di sovvertire col sangue l’ordine democratico, che ha attaccato i nostri valori con l’intento di distruggere. Questo è il messaggio che deve passare quando certi personaggi vengono dotati di un pubblico. E deve essere chiaro che chi giustifica in qualsiasi modo e sotto qualsiasi forma la storia scritta da questi criminali, è un loro complice ed è criminale quanto loro.

Luca Craia


lunedì 19 marzo 2018

Le SAE le paghiamo due volte. Intanto la ricostruzione non parte e stagna l’economia.

Cronache Maceratesi ci informa, a firma di Monia Orazi, che pagheremo quasi due volte le famigerate SAE; non solo per quello che sono costate, ossia un prezzo esorbitante, oltre 1700 Euro al metro quadro per una soluzione abitativa provvisoria, quindi molto di più di quello che sarebbe costato un normalissimo appartamento che certamente provvisorio non è, ma anche perché alcune ditte che lavorano in subappalto di Arcale non stanno pagando i propri dipendenti, in violazione del contratto di lavoro che spesso neanche c’è. Questo significa che, alla fine del gioco, pagherà la Protezione Civile, chiamata in causa dal Sindacato e, di conseguenza, a pagare, come sempre, sarà il cittadino (leggi l'articolo).
Un altro tassello che si aggiunge al puzzle della ricostruzione che non c’è. A un anno e mezzo dal sisma (tra un po’ potremo dire due anni, tanto la previsione non è affatto rosea), la ricostruzione è al palo e se ci sono ritardi persino nella consegna dei moduli di emergenza (alla faccia dell’emergenza), non si vedono opere di ricostruzione se non in casi particolari. È logico che questo abbia una ripercussione sul recupero delle aree colpite e che vada a vantaggio del progetto di spopolamento che sembra essere ogni giorno più evidente.
Ma c’è un risvolto economico da non sottovalutare. La ricostruzione post terremoto, in passato, è sempre stata un fattore di crescita per l’economia delle zone colpite, mettendo in movimento il mercato tramite la spinta edilizia che, come si può facilmente capire, fa poi da volano per tutti gli altri comparti. Dando l’abbrivio ad aziende locali impegnate direttamente nella ricostruzione, si fa ripartire tutto il meccanismo, mettendo in movimento i soldi.
Per questo terremoto, invece, non si sta facendo nulla. Tenendo ferma la ricostruzione non solo si tengono lontani i terremotati dalle loro terre e dalle loro case, impedendo il ricucirsi del tessuto sociale, ma si sta lasciando in apnea l’economia locale che, invece, potrebbe ripartire proprio dalla ricostruzione e da tutto quello che metterebbe in movimento. E anche questo, evidentemente, fa parte dello stesso disegno.


Luca Craia