sabato 31 marzo 2018

Poliziotti francesi “invadono” Bardonecchia. L’Italia zerbino d’Europa


L’episodio di Bardonecchia è gravissimo. Gendarmi francesi che, sul suolo italiano, si permettono di agire come se fossero in Francia, entrando dove vogliono senza chiedere alcun permesso, al di là degli accordi di controllo che pure sono necessari, vista la situazione dei migranti che saltano di qua e di à del confine come cavallette, costituiscono una violazione gravissima della sovranità nazionale da parte di pubblici ufficiali stranieri. Roba da far svenire ogni diplomatico, roba che, in altri tempi (per fortuna), avrebbe fatto scoppiare una guerra. Ci si limita a convocare l’ambasciatore francese alla Farnesina, ma il fatto in sé dà molto da riflettere.
L’Italia è lo zerbino d’Europa. Lo sappiamo, diciamocelo, ma quando accadono cose come questa, che ce lo ricordano, fa abbastanza male. È il frutto di oltre vent’anni di decadimento politico e culturale, che non si è arrestato con l’avvicendamento tra berlusconiani e renziani al potere, anzi, si è acuito, testimoniando come non fosse Berlusconi a imbarbarire l’Italia quanto l’Italia a esprimere se stessa tramite barbari come Berlusconi e Renzi.
Un Paese senza nerbo, senza spina dorsale, prono a ogni decisione degli alleati, siano essi i soci europei o quelli del Patto Atlantico. Un’Italia incapace di dire no alle dissennate sanzioni contro la Russia, contro l’espulsione dei diplomatici russi voluta dalla NATO, incapace di chiedere l’appoggio degli alleati quando la dignità nazionale veniva calpestata come nel caso dei Marò in India. Ma anche l’Italia delle corna sulle foto, dei protocolli ridicolizzati, degli scisc, dei personaggi buoni solo a suscitare ilarità e imbarazzo. Ma soprattutto, l’Italia dell’incapacità di avere un peso qualsiasi in Europa e nel mondo, succube di poteri estranei e contrari all’interesse stesso della Nazione.
Così eccoci qua: arrivano i gendarmi francesi che, senza farsi alcun problema, entrano nel Paese e fanno il porco comodo loro. Arriveranno le scuse, forse, ci sarà sicuramente un atto riparatorio, ma il segnale è inequivocabile: non contiamo più niente. Eppure l’Europa l’abbiamo inventata noi, con personaggi del calibro di La Malfa, De Gasperi o Togliatti. Ora c’è solo da sperare nel nuovo Governo, se mai saremo capaci di esprimerne uno, e di evitare l’ennesima figuraccia internazionale.

Luca Craia

L’impegno degli intellettuali - di Giovanni Spadolini

Giovanni Spadolini, quarant'anni fa, disegnava un quadro che oggi può esserci da monito. Per questo ve lo ripropongo.


“Cultura e libertà”. In altri tempi sarebbe sembrato un titolo o retorico, o pleonastico. Nei giorni successivi al rapimento di Moro ha rappresentato, nella sua semplicità, un atto di fede, una testimonianza di serietà: nel gran dilagare della polemica degli intellettuali sui doveri della cultura rispetto alla difesa della Repubblica, contro il terrorismo e la violenza. “Cultura e libertà”: è la formula che l’università di Firenze ha scelto per un convegno di tutte le sue componenti, svoltosi con discrezione e senza riflettori, come testimonianza di solidarietà verso un collega rapito, verso Aldo Moro professore di università prima ancora che uomo di governo. Un convegno, a Palazzo Vecchio, cui hanno aderito tutti gli istituti universitari europei presenti a Firenze, circa una trentina, a cominciare dall’università europea sorta sulla badia fiesolana dopo tante attese, dopo tante delusioni e amarezze, per estendersi alle accademie, alle soprintendenze, agli enti culturali di ogni genere, ai sindacati, agli studenti.
A me è toccato di portare il saluto della facoltà di scienze politiche di Firenze, gemella, e gemella più anziana, di quella dove Moro insegna a Roma, dove stava andando la mattina del rapimento (con le tesi di laurea sottobraccio). A me è toccato di ricordare il Moro professore, devotissimo ai suoi allievi e alle sue lezioni, tenace nella difesa di una “compatibilità” con l’insegnamento che egli sente come parte di se stesso, quasi come necessario conforto alle amarezze della lotta politica; ma il discorso a Firenze non si è fermato al doveroso e discreto omaggio al collega oggi sequestrato dai banditi, ha investito i doveri della cultura di fronte all’estendersi dell’irrazionalismo e della violenza, che tocca le basi stesse di sopravvivenza della Repubblica.
Questa Repubblica deve essere difesa? O possiamo farne getto come di qualcosa di logoro, di marcio, un involucro dal buttar via dopo la corruzione di un trentennio? Erano presenti docenti comunisti, cattolici, azionisti, liberal-democratici: l’università di Firenze rifletteva in quelle persone tutte le componenti di una cultura variegata e differenziata, in una città che ha visto solchi profondi, dilaceramenti antichi. Eppure la risposta è stata unanime; nessuna tentazione alla resa è affiorata. Il dubbio, che tormenta Sciascia, non ha tormentato nessuno di noi. L’equidistanza, cui alcuni intellettuali guardano e che difendono con formule cha avrebbero esasperato Gobetti, non ha trovato in quella riunione di studiosi la minima indulgenza, la minima tolleranza.
La Repubblica deve essere difesa perché si identifica col regime che gli italiani hanno scelto nella lotta per la libertà: un regime che, pur nelle sue contraddizioni o nelle sue involuzioni, mai ha conosciuto momenti di sospensione o di rottura delle supreme garanzie costituzionali, la libertà del voto, la libertà di stampa, la libertà di ricerca e di movimento, la libertà di dissenso e di contestazione. Trent’anni di vita repubblicana – è stato ricordato da Giorgio Amendola – hanno segnato il più grande progresso nell’evoluzione civile, di costumi e di cultura dell’Italia che mai si sia verificato: il paese è cambiato in questi trent’anni più di quanto sia cambiato nei cent’anni precedenti. Nessuna equidistanza fra lo Stato repubblicano e il terrorismo è possibile; il “processo” verso la classe politica, di cui si continua a favoleggiare, è affidato costantemente alla libera espressione della volontà popolare, all’intreccio fra forze sociali e forze politiche, al peso, talvolta determinante, della società civile anche oltre le fluttuazioni del voto.
Eugenio Garin, che proviene da una lunga milizia di sinistra, è andato più in là: si è domandato dov’erano i savi quando saliva la marea dell’intolleranza, quando imperversava il terrorismo delle parole e delle ideologie prima del terrorismo armato, quando minoranze rissose e tracotanti soffocavano con rumorose scomuniche ogni pur pacato dissenso, nelle aule universitarie o in quelle dei massimi istituti di cultura. Dov’erano?
È un quesito legittimo, che meriterebbe di essere approfondito, anche per la definizione di tutte le responsabilità, nella situazione attuale, dove il caos delle coscienze non sembra minore di quello degli istituti. Ma è un quesito che non assolve nessuno, da qualunque parte fosse nei giorni delle prime violenze, dal dovere di assumere oggi una posizione non equivoca sul terrorismo, che non ha nulla a che fare con la contestazione del ’68. I ritardi, le deviazioni, le inadempienze riformatrici (particolarmente gravi quelle nel campo della scuola) non giustificano nessuna condanna sommaria, e tanto meno nessuna esecuzione sommaria. Le strutture garantiste consentono tutto, consentono la riparazione di qualunque errore; l’abbattimento del Palazzo, con la complicità indiretta o meno delle varie bande terroriste, aprirebbe la strada soltanto a un nuovo fascismo.
Nonostante il dilagare della violenza, l’Italia è uno dei paesi di maggiore libertà nel mondo. Il rapporto della fondazione Amnesty, su tutte le forme di oppressione e di coartazione nel mondo, ci riserba due sole pagine, rispetto alle molte dedicate al sud-Africa o alla Persia o all’Argentina (5.000 uomini scomparsi nel nulla, 8.000 uccisi dai battaglioni della morte governativi). Preferiremmo non avere neanche quelle due pagine, dedicate ai testimoni di Geova o a un obiettore di coscienza; ma sappiamo che su quelle esili basi nessuna giustificazione del terrore e della violenza sarebbe mai legittima.
Gli pseudo-giustificazionismi sociologici hanno fatto troppo male per essere invocati ancora. C’è un’Italia della ragione cui gli uomini di cultura possono e debbono restare fedeli, senza rinunciare in nulla alla loro funzione di critici e di giudici del potere. Contropotere e terrorismo non hanno nulla in comune.

Giovanni Spadolini, 22 marzo 1978.

(Da G. Spadolini, “Da Moro a La Malfa, marzo 1978 – marzo 1979. Diario della crisi”, Vallecchi, Firenze 1979, pp. 18-21.)

venerdì 30 marzo 2018

Nuovo complesso sportivo. Ubaldi rimonta, pareggia e passa in vantaggio su Perugini.


Il Comune di Montegranaro avrà un nuovo centro sportivo. Sarà ubicato in un’area estremamente periferica, anche se, nelle dichiarazioni dell’Amministrazione Comunale, l’investimento servirà a rivalutare un quartiere molto sofferente come quello di San Liborio che, però, ha il suo cuore ben lontano da lì, sopra la salita di Cima di Colle. Sarà un investimento importante, 700.000 Euro, un investimento che graverà nella sua totalità sulle casse comunali e, quindi, sulle spalle dei cittadini. È un bel progetto, bisogna ammetterlo, ma serve? Forse, ma certamente non è la priorità per Montegranaro.
Perché allora tanta urgenza di portarlo avanti, conoscendo le problematiche del paese? Perché non preferire investire, per esempio, nella sicurezza delle scuole? O nel martoriato centro storico? La risposta sta nel calendario: tra un anno si vota e occorre che la seconda anima della coalizione che governa Montegranaro riequilibri i conti elettorali con la prima. Il Pd, nella fattispecie l’assessore Perugini che ne incarna la leadership e forse l’unica reale sostanza, ha incassato l’opera più importante finora compiuta, ossia il rifacimento di viale Gramsci. Un’opera visibile, un investimento cospicuo, un’operazione che dovrà portare, almeno nell’ottica di chi amministra, un grosso consenso elettorale per chi l’ha fortemente voluta nonostante l’avversione di una larga fetta della cittadinanza e si qualche voce timida della maggioranza (vedi Beverati). Calcoli tutti da fare, ben inteso, e forse non proprio esatti, vista la reazione tiepida della gente e le critiche che ancora non accennano a sopirsi.
L’altra anima della maggioranza, quindi, quella rappresentata da Ubaldi, che è anche forza politica per quanto praticamente unipersonale (considerando la scarsa rilevanza politica dello scudiero Gaudenzi e il peso quasi nullo della Strappa), deve tornare in paro e lo fa con quest’opera che non soltanto pareggia ma addirittura surclassa il mausoleo di Perugini in spesa e impatto sociale. In effetti per Ubaldi è un colpaccio: fa contento un buon numero di società sportive, suo naturale bacino elettorale, e lo fa nell’immediata vigilia delle elezioni, nel senso che l’opera sarà presumibilmente pronta e inaugurata mentre si montano i seggi.
Considerando il calo verticale della popolarità del PD, riscontrato nelle ultime politiche che hanno visto Montegranaro assestarsi ai livelli minimi rispetto ai risultati nazionali, Ubaldi si prepara a essere l’uomo forte in coalizione, forte di un risultato già buono storicamente e potenzialmente ottimo. Da questa base sicuramente potrà trattare in posizione predominante, il che aprirà scenari sicuramente interessanti, sempre che non voglia tentare il colpaccio e correre da solo.
In ogni caso siamo alle solite: la politica che opera in funzione esclusivamente elettorale e se ne straciccia di quelle che sono le reali esigenze della cittadinanza. E, probabilmente, la cittadinanza andrà di nuovo a premiare questi atteggiamenti, per poi tornare a lamentarsi il giorno dopo le elezioni.

Luca Craia

Torna la rassegna INCIPIT. I primi 5 incontri riguardano storie e personaggi contemporanei .


Inizia il 6 aprile, con Concetto Vecchio (scrittore e giornalista di ‘Repubblica’) e il libro ‘Giorgiana Masi. Indagine su un mistero italiano’ (Feltrinelli)


Comunicato integrale

Torna la rassegna di incontri INCIPIT (volume terzo) promossa dall’Associazione Santa Croce, con un programma pensato come un work in progress, con appuntamenti distribuiti nel corso dell’anno e promossi in collaborazione con il Centro Giovanile Casette, la Libreria ‘Il Gatto con gli Stivali’ di Porto Sant’Elpidio e le Grafiche Fioroni.
Al momento, sono 5 gli incontri previsti, incentrati principalmente su figure, storie e personaggi contemporanei, durante i quali saranno affrontate tematiche molto diverse tra loro, spaziando da argomenti impegnativi ad altri più leggeri, per suscitare l’interesse di un pubblico eterogeneo.
Si parte il 6 aprile (ore 21,30, Auditorium ‘Della Valle’ a Casette d’Ete) con un giallo irrisolto nell’Italia degli anni di piombo, un’inchiesta mozzafiato scritta dal giornalista Concetto Vecchio su ‘Giorgiana Masi. Indagine su un mistero italiano’ (Feltrinelli).
Si prosegue il 18 aprile, quando con Matteo Persica si parlerà di musica, grazie al libro ‘Rino Gaetano. Essenzialmente tu’ (Odoya Editore), viaggio nella vita di un cantautore alla scoperta del lato umano più vero.
L’8 maggio, un altro mistero, risalente al 2004 e ancora di grande attualità, con il giornalista di Antimafia2000, Lorenzo Baldo e il libro ‘La mafia ordina: suicidate Attilio Manca’ (Imprimatur), ricostruzione meticolosa della vicenda del giovane urologo ‘suicidato’ forse dai boss di Corleone per liberarsi da un pericoloso testimone su fatti legati a Bernardo Provenzano.
Per il terzo incontro (a metà maggio, data da definire) il Centro Giovanile Casette ha scelto Dottor Pira, fumettista, critico televisivo, scenografo, creatore dei ‘Fumetti della gleba’ (il più longevo web comic italiano) autore de ‘La vera storia dell’hip hop. Tutto quello che non vogliono farti sapere sul legame tra gli alieni e la musica del momento’ (Edizioni Rizzoli Lizard).
Infine, l’Associazione Santa Croce dà spazio alla solidarietà e presenta, il 23 maggio, un libro ‘potente’ dal punto di vista emotivo e del messaggio che trasmette: ‘Amore non conosce misura’, il racconto della vita di Marcella Samuelli che una volontaria dell’Associazione ‘L’Abbraccio’ ha registrato e trascritto durante il ricovero dell’autrice all’hospice di Montegranaro.
Gli incontri si terranno all’Auditorium ‘Della Valle’ di Casette d’Ete.