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Nella foto: Emanuele Tondi (foto: Radio Gold) |
La ricetta per convivere col terremoto è semplice e ce
la fornisce, con la solita professionale schiettezza, il professor Emanuele Tondi,
geologo, docente all’Università di Camerino e Sindaco di uno dei comuni più colpito
dal terremoto del 2016, Camporotondo di Fiastrone. Come si fa a non morire di
terremoto? “Per stare sicuri e tranquilli” ci dice Tondi in una nota
pubblicata sul suo profilo Facebook “occorre abitare e/o frequentare edifici
non vulnerabili rispetto alla sismicità dell’area in cui si trovano”.
Sembra l’uovo di colombo ma
non lo è, almeno non in Italia, dove ci sono problematiche di diverso genere da
superare, come la salvaguardia del patrimonio culturale, il rispetto dei
vincoli architettonici e paesaggistici, nonché la nostra atavica avversione al
rispetto delle regole. Però rendere sicure le costruzioni è necessario, anzi,
dovrebbe essere obbligatorio per tutti, privati cittadini e Istituzioni, perché,
come dice sempre Emanuele Tondi, “non sappiamo quando, ma i terremoti
avvengono sempre nelle stesse zone e con caratteristiche simili”, quindi è
necessario fare in modo di rendere il vivere in quelle zone il più sicuro
possibile.
Costruire in maniera sicura,
quando lo si fa ex novo, è relativamente facile. Oggi ci sono le tecnologie
adatte per evitare di morire schiacciati dalla propria abitazione, fermo
restando che la sicurezza assoluta non esiste. Ma l’esperienza di Paesi ad alto
rischio sismico, come il Giappone o gli Stati Uniti, ha sicuramente ampliato le
conoscenze tecniche e oggi si può erigere un fabbricato con caratteristiche di
sicurezza elevatissime. Non si può dire la stessa cosa nella ristrutturazione
del patrimonio storico che, però, in Italia va comunque tutelato. Anche qui la tecnologia
ci soccorre e aumenta il livello di sicurezza a livelli piuttosto alti, per
quanto non come per le nuove costruzioni.
Il problema è che nessuno ha
mai regolamentato in maniera seria, né si è mai cercato di applicare la regola
vigente, tanto che buona parte dello stesso patrimonio pubblico risulta non
adeguato ai requisiti minimi di vulnerabilità sismica. Per quanto riguarda il
privato il discorso cambia, perché nelle nuove costruzioni esistono obblighi
precisi. Per le vecchie case, invece, esiste solo il fato. Ma quando capitano
cataclismi come è stato il terremoto del 2016 e si deve intervenire per
ricostruire intere aree del Paese, aree ad alto rischio, soggette e ripetuti
eventi di questo tipo e quindi particolarmente necessitanti di misure di sicurezza
adeguate, bisogna che si pretenda la massima sicurezza negli stabili che si
andranno a ricostruire, siano essi pubblici che privati.
Le idee fin qui dimostrate
nella cosiddetta ricostruzione sono, però, estremamente vaghe, piuttosto
raffazzonate, e distribuite in un dedalo di decreti e ordinanze quasi inestricabile.
Non è certo così che si possa garantire la sicurezza della ricostruzione.
Sempre che ricostruire si voglia.
Luca Craia