Ieri la terra ha tremato
ancora. Ha tremato forte, non forte come nel 2016 ma, comunque, abbastanza
forte da far cadere i pensili in alcune SAE, da far franare un muro, da buttare
giù qualche stabile mai messo in sicurezza o qualche ulteriore pezzo del nostro
patrimonio culturale. C’è stata una grande eco mediatica, ieri, e quasi tutti i
notiziari hanno rimpallato le notizie e le informazioni che hanno iniziato a
girare di buon mattino grazie a (o, secondo qualcuno, per colpa di) quelli come
me che danno voce e visibilità al mondo terremotato.
Le eco mediatiche, di solito,
hanno conseguenze, magari solo nel breve periodo, ma ce l’hanno. La prima,
forse la più rilevante, è stata la corsa della De Micheli, commissario straordinariamente
straordinario per il terremoto, a Pieve Torina per un briefing sul da farsi,
come se l’altro ieri il da farsi fosse diverso da quello di oggi. Le parole
della bella commissaria sono sconfortanti: “dobbiamo ricominciare da capo”.
E qui ti cascano le braccia.
Come ricominciare da capo? Sono passati due anni, due anni di nulla
sostanziale, due anni in cui quel poco che si è fatto sta risultando sbagliato
e pericoloso, due anni in cui la ricostruzione è rimasta solo una parola dal vago
significato, dove la gente è stata sballottata a destra e sinistra, dove le
imprese hanno chiuso o, comunque, delocalizzato impoverendo in maniera forse
definitiva le zone colpite dal terremoto; due anni di strade chiuse, di gente che
non ce la fa più, di pratiche impossibili da compilare tanti sono gli
adempimenti richiesti. E questa se ne esce con un “ricominciamo da capo”, che
suona un po’ come un’ammissione di colpa ma anche e soprattutto come ulteriore
giustificazione ai nuovi ritardi che sicuramente ci saranno.
Comunque una presa di
coscienza dei tanti problemi irrisolti pare ci sia stata, e speriamo che non
sia di facciata. Borrelli si è impegnato a mandare supporti psicologici ai
terremotati, i quali sicuramente apprezzeranno, ma apprezzerebbero di più poter
tornare a qualcosa che somigli un po’ di più alla normalità.
Quello che è avvilente è l’atteggiamento
della gente comune, di quella non coinvolta. C’è una stizza, un fastidio
evidente quando non una vera e propria repulsione per vedere rispuntare
mediaticamente i problemi dell’area terremotata, quasi che, non avendone quasi sentito
più parlare, si vorrebbe continuare col silenzio per non pensare, per non tornare
a partecipare emotivamente al dolore di questa gente sbatocchiata dalla terra e
dallo Stato.
Mortificante la reazione di
molti operatori economici del comparto turistico della costa, veramente
irritati dalle notizie che hanno circolato tanto da additare la stampa e quelli
che come me mettono in luce questa brutta realtà come responsabili del calo di
presenze di visitatori. La responsabilità non sta nel nulla di fatto da parte
delle Istituzioni ma di chi lo racconta. Somiglia tanto a quel Berlusconi d’annata
che se la prendeva con chi faceva fiction sulla mafia perché sputtanava l’Italia.
Ecco, è preferibile un sano silenzio, un velo di oblio, piuttosto che
raccontare la verità e dare una brutta immagine della zona che, detto dai
Pesaresi, per quanto ignobile potrebbe essere compreso o, quantomeno, ormai
metabolizzati, ma detto da chi vive a trenta chilometri da chi nona ha più
nulla, manco un ristorante per dar da mangiare a un eventuale turista, suona
davvero brutto. La solidarietà sta sotto i tacchi.
Luca Craia