giovedì 12 aprile 2018

I pensili delle SAE vanno rivisti. Secondo la Protezione Civile i montaggi non sono adatti.


Sono “sbagliate le staffe dei pensili” montati nelle SAE. Ad affermarlo e a mettere in crisi i minimizzatori (ai quali chiedo di fare almeno cinque minuti di vergogna, ma ne parlerò ancora e a parte) è David Piccinini, responsabile della Protezione Civile delle Marche. Ecco perché i pensili sono cascati per terra, fortunatamente senza prenderci nessuno sotto. Ecco perché quello che è accaduto ieri, con una scossa relativamente bassa, è molto ma molto grave. Perché, vedete, se la cura e l’attenzione posta nel capitolato, nei protocolli di montaggio, nei materiali scelti o montati è quella che riscontriamo nelle staffe che si sono piegate e hanno fatto precipitare a terra dei pensili che, ci fosse stato un bambino sotto, oggi piangeremmo anziché polemizzare su quanto sono bastardi quelli che ancora parlano di terremoto, allora bisogna davvero preoccuparsi. Se le staffe dei pensili non sono adatte per delle strutture pensate apposta per resistere al terremoto, visto che vanno installate in aree soggette a terremoto, allora io pretenderei rassicurazioni serie su tutta la struttura.

Luca Craia

mercoledì 11 aprile 2018

Il pericolosissimo Risiko del Mediterraneo. Il Parlamento italiano si esprima subito. Trump rischia la vita.


È una spirale pericolosissima quella che si è innescata nel mediterraneo, al largo del medio-oriente, dopo i presunti e mai provati bombardamenti chimici attribuiti al regime siriano di Assad. Si tratta di una situazione estremamente sul piano militare, mentre si gioca sul piano diplomatico presso le Nazioni Unite con un incrocio di veti che sta paralizzando ogni tentativo di mediazione, tra chi vorrebbe una risoluzione ONU contro la Sira, proposto dalla NATO sempre più suddita degli USA di Trump, e chi chiede, credo seguendo una logica piuttosto stringente, che si mandino ispettori terzi a verificare l’effettivo uso di armi chimiche, come la Russia di Putin. In questo frattempo si spostano navi, si fanno provocazioni pericolose, si gioca alla guerra portando il tutto a un limite che rischia di diventare un vicolo cieco per tutti.
Una situazione che somiglia molto a quella irachena che portò alla destituzione e all’uccisione di Saddam, ma che, in questo caso, è decisamente più pericolosa perché, se la Russia, in quel caso, lasciò fare, ora è ben decisa a opporsi con ogni mezzo, spalleggiata dalle astensioni all’Onu della Cina che, sul piano militare, però, si sta silenziosamente schierando di fianco a Putin. L’ostinazione con cui Trump sta portando avanti la sua politica estera aggressiva e, diciamolo, piuttosto cieca, rischia di portare l’intera questione oltre ogni limite di recupero.
È stupefacente l’atteggiamento succube dell’Europa, dalla posizione prona e zerbinesca della Gran Bretagna al silenzio di Francia e Germania. L’Italia ha un nuovo Parlamento che deve esprimersi con urgenza sulla questione, augurandoci che venga rispettata almeno oggi la nostra Costituzione che ripudia la guerra, così vediamo se la nuova politica italiana è diversa o no da quella vecchia.
Il punto è che, probabilmente, nemmeno gli Stati Uniti sono disposti a seguire fino in fondo la sfida guerrafondaia del Presidente. E qui mi viene da supporre uno scenario che credo non sia poi così fantapolitico. Trump non può essere destituito, ma può essere eliminato. Fossi in lui eviterei macchine scoperte e non andrei a Dallas.

Luca Craia

Il dopo-scossa: considerazioni su quanto si è soli


Ieri la terra ha tremato ancora. Ha tremato forte, non forte come nel 2016 ma, comunque, abbastanza forte da far cadere i pensili in alcune SAE, da far franare un muro, da buttare giù qualche stabile mai messo in sicurezza o qualche ulteriore pezzo del nostro patrimonio culturale. C’è stata una grande eco mediatica, ieri, e quasi tutti i notiziari hanno rimpallato le notizie e le informazioni che hanno iniziato a girare di buon mattino grazie a (o, secondo qualcuno, per colpa di) quelli come me che danno voce e visibilità al mondo terremotato.
Le eco mediatiche, di solito, hanno conseguenze, magari solo nel breve periodo, ma ce l’hanno. La prima, forse la più rilevante, è stata la corsa della De Micheli, commissario straordinariamente straordinario per il terremoto, a Pieve Torina per un briefing sul da farsi, come se l’altro ieri il da farsi fosse diverso da quello di oggi. Le parole della bella commissaria sono sconfortanti: “dobbiamo ricominciare da capo”.
E qui ti cascano le braccia. Come ricominciare da capo? Sono passati due anni, due anni di nulla sostanziale, due anni in cui quel poco che si è fatto sta risultando sbagliato e pericoloso, due anni in cui la ricostruzione è rimasta solo una parola dal vago significato, dove la gente è stata sballottata a destra e sinistra, dove le imprese hanno chiuso o, comunque, delocalizzato impoverendo in maniera forse definitiva le zone colpite dal terremoto; due anni di strade chiuse, di gente che non ce la fa più, di pratiche impossibili da compilare tanti sono gli adempimenti richiesti. E questa se ne esce con un “ricominciamo da capo”, che suona un po’ come un’ammissione di colpa ma anche e soprattutto come ulteriore giustificazione ai nuovi ritardi che sicuramente ci saranno.
Comunque una presa di coscienza dei tanti problemi irrisolti pare ci sia stata, e speriamo che non sia di facciata. Borrelli si è impegnato a mandare supporti psicologici ai terremotati, i quali sicuramente apprezzeranno, ma apprezzerebbero di più poter tornare a qualcosa che somigli un po’ di più alla normalità.
Quello che è avvilente è l’atteggiamento della gente comune, di quella non coinvolta. C’è una stizza, un fastidio evidente quando non una vera e propria repulsione per vedere rispuntare mediaticamente i problemi dell’area terremotata, quasi che, non avendone quasi sentito più parlare, si vorrebbe continuare col silenzio per non pensare, per non tornare a partecipare emotivamente al dolore di questa gente sbatocchiata dalla terra e dallo Stato.
Mortificante la reazione di molti operatori economici del comparto turistico della costa, veramente irritati dalle notizie che hanno circolato tanto da additare la stampa e quelli che come me mettono in luce questa brutta realtà come responsabili del calo di presenze di visitatori. La responsabilità non sta nel nulla di fatto da parte delle Istituzioni ma di chi lo racconta. Somiglia tanto a quel Berlusconi d’annata che se la prendeva con chi faceva fiction sulla mafia perché sputtanava l’Italia. Ecco, è preferibile un sano silenzio, un velo di oblio, piuttosto che raccontare la verità e dare una brutta immagine della zona che, detto dai Pesaresi, per quanto ignobile potrebbe essere compreso o, quantomeno, ormai metabolizzati, ma detto da chi vive a trenta chilometri da chi nona ha più nulla, manco un ristorante per dar da mangiare a un eventuale turista, suona davvero brutto. La solidarietà sta sotto i tacchi.

Luca Craia