mercoledì 9 maggio 2018

L’ANAS ammorba le strade coi diserbanti. Lettera di un lettore per segnalare un problema serio.


Ricevo dal blog, tramite il modulo di contatto, la seguente lettera di un lettore. Il testo è completo e circostanziato e ve la giro così com’è, sia per segnalare il problema, che pare serio, sia per eventualmente stuzzicare un dibattito. Leggete con attenzione.

Luca Craia

Buongiorno,
scrivo la presente solo per segnalarvi un fatto che mi sembra meritevole di attenzione.
So che già da alcuni anni l'Anas, sempre così solerte quando ci sono da evitare lavoro o spese (poichè in Italia si sa che i soldi dei contribuenti vanno bene per tutto tranne che per le cose utili o necessarie), ha preso la bella abitudine di cospargere in primavera diserbanti per tutto il territorio nazionale, in barba alle più elementari norme di buonsenso e di ecologia, anziché procedere con il tradizionale sfalcio ai bordi delle strade.
Possiedo una seconda casa nel comune di Valfornace, in zona parco dei Monti Sibillini. Appena due settimane fa, proprio recandomi in automobile verso la suddetta casa sulla superstrada statale 77 ho potuto con mio disappunto notare, per la prima volta da queste parti, la presenza di vistose strisce di erba secca lunghe kilometri sulle cunette ai lati della carreggiata stradale, segno evidente dell'ampio uso di diserbanti. Il tratto da me visionato è quello della superstrada tra Caccamo e l'uscita di Muccia, ma anche fuori dalla superstrada sulla vecchia statale procedendo da Muccia verso l'incrocio per Pievebovigliana. Naturalmente è molto probabile che anche altri ampi tratti della vecchia statale dove non sono passato, verso Colfiorito o verso Visso, siano state oggetto delle stesse amorevoli cure da parte dell'Anas.
Mi preme evidenziare che da queste parti capita spesso di imbattersi in animali selvatici che attraversano le strade (non è raro che ricci, scoiattoli, caprioli, cervi o cinghiali vengano investiti). I veleni ingeriti da questi animali, entrano inevitabilmente nella catena alimentare poiché da parecchi anni sono ricomparsi i predatori (lupi) che sono in aumento. Ma anche le pecore o le mucche, che poi producono latte, spesso pascolano nelle immediate vicinanze delle cunette stradali. Ad andarci di mezzo sono dunque anche le persone. Tra l'altro, mi risulta ma non vorrei sbagliare, che la normativa nazionale preveda che un terreno irrorato con diserbanti debba essere tenuto in quarantena per almeno 48 ore, tempo necessario a far sì che alcuni elementi tossici si disperdano nell'aria. 
Peccato che l'Anas non può chiudere una statale per 48 ore. E siccome parecchi da queste parti hanno ancora l'antiquata abitudine di andare in giro in bici o addirittura a piedi, ecco che respirare veleni anche in campagna, grazie all'Anas, ora non è più utopia. Ah, che bella cosa il progresso.
Mi si permetta anche di aggiungere che le strade da me visionate passano vicino al fiume Chienti ed ai laghi di Polverina e Caccamo, per cui ad andarci di mezzo sono anche i corsi d'acqua. Insomma, non vogliamo farci mancare proprio nulla.
Il problema comunque si presenta non solo in questo caso specifico ma, a fasi alterne, su tutto il territorio nazionale. Finora solo al sud, ora noto con piacere che ci spostiamo piano piano più a nord, per par condicio. 
Trento e Bolzano preparatevi.
Pensavo che, almeno in una zona di notevole interesse paesaggistico e naturalistico, non avrebbero avuto lo stomaco per fare ciò. Ma invece no, evidentemente non c'è mai limite al peggio ed in questa nostra popolazione italica non esiste più vergogna da nessuna parte, nemmeno da parte di coloro che dovrebbero amministrare. Molto probabilmente il fatto che questa bella abitudine sia stata proposta anche nella Val di Chienti per la prima volta, si deve al fatto che la popolazione locale è inevitabilmente distratta da problemi un pò più seri (bisognerebbe dire terremoto, ma in realtà di tutti i problemi solo 1/10 forse sono dovuti al terremoto in sé ma gli altri 9/10 li ha causati la burocrazia). Anche i turisti, altri che magari potrebbero prenderla non troppo bene, sono di fatto spariti grazie allo stesso terremoto. Molto opportunisti perciò i "signori" dell'Anas locale ad approfittare della situazione venutasi a creare, la quale fa sì che il tutto potrebbe tranquillamente passare inosservato e sotto silenzio.
Per la vostra conoscenza, anche aiutandomi con notizie prese dal web di cui allego i link, vorrei fare qui una breve cronistoria del fenomeno che, seppur bloccato in alcune zone del Paese, viene puntualmente ogni volta riproposto dalla stessa Anas senza vergogna o remore anche da altre parti, con la scusa di risparmio per la collettività. Risparmio in realtà inesistente, poichè i danni provocati all'ambiente rischiano di costare alla lunga molto, ma molto di più. Soprattutto alla salute di persone ed animali. In un comunicato stampa di qualche anno fa, la suddetta azienda Anas (che dà spiegazioni solo quando costretta, in questo caso dai mugugni usciti su qualche giornale), si era affrettata a comunicare che i diserbanti utilizzati (diserbanti a base di glyphosate la maggior parte dei quali prodotti dalla famigerata ditta americana Monsanto) sarebbero innocui per la salute:


Peccato però che altrove, sulla effettiva sicurezza di tali diserbanti vengano sollevati non pochi dubbi, anche da parte di personaggi non di poco conto quali ad esempio studiosi universitari.


Si potrebbe obbiettare che anche alcuni universitari a volte dicono minchiate, mi si perdoni l'espressione. La verità vera è che ognuno dice la sua tirando acqua al proprio mulino, come d'abitudine, e quindi l'effettivo grado di pericolosità di questi diserbanti per persone, animali e vegetali lo conosce in realtà solo il padreterno. Però così a naso verrebbe da pensare che tanto bene non possono fare, specie quando irrorati senza tanti problemi nelle immediate vicinanze di laghi e fiumi (come capita appunto nel caso specifico di cui sono stato spettatore in prima persona). In tutto questo, a leggere il loro comunicato, per irrorare questi diserbanti gli operai ANAS dovrebbero aver ottenuto un'autorizzazione da parte dell'ASL territoriale competente. Ma come si verifica se questa autorizzazione ci sia stata veramente oppure no?  E chi controlla?
Attenendosi perciò solo ai fatti, è successo che in altre zone del Paese, dove le comunità o i sindaci si sono mossi per cercare di contrastare il fenomeno, stranamente l'Anas ha subito dovuto cedere e smettere di irrorare detti diserbanti. Ma come, non erano innocui?


Va altresì detto che la stessa Anas, così solerte nel mondo virtuale nel dichiarare non pericoloso l'uso dei diserbanti, ha incontrato qualche piccolo intoppo si è passati poi al mondo reale:


Di articoli cercando in rete ce ne sono molti altri, ma non vorrei dilungarmi troppo. Ad ordinare le date ed osservando il percorso compiuto dal fenomeno, verrebbe quasi da ridere: dalle isole al sud ed adesso piano piano ci spostiamo più a nord. Sembra la spedizione dei mille. A pensar male verrebbe da farsi la domanda: a chi è che giova realmente tutto questo? Se le ASL e le autorità facessero affettivamente attività di controllo (cosa che nella realtà non fanno) quanti fondi e tempo dovrebbero spendere per arginare il fenomeno dei diserbanti che vengono usati illegalmente nei terreni privati in tutta la penisola? Non sarebbe più logico e semplice (per le tasche ma soprattutto per la salute e l'ambiente) troncare il problema alla radice e bandire invece i diserbanti da tutto il territorio vietandone produzione e commercializzazione? Davvero vogliono farmi credere che i diserbanti sono necessari?
Chiedo scusa se mi sono dilungato troppo, ma ritengo sia importante che chi ne ha la possibilità porti a conoscenza dell'opinione pubblica e degli organi interessati di questo fenomeno, che ora appare sempre più anche nella nostra regione.
Cordialmente,
Lettera firmata

Via Caetani 40 anni dopo: c’è tanto da imparare


Oggi fanno quarant’anni tondi da quel 9 maggio 1978 che segnò il tragico epilogo di uno dei capitoli più bui della storia recente e cambiò radicalmente la storia dell’Italia. È un giorno che va ricordato, non soltanto per la celebrazione, tra l’altro giusta e doverosa, della grandezza dell’uomo Aldo Moro, statista finissimo dotato di una visione complessa e geniale dello Stato e della sua evoluzione, ma anche per l’insegnamento che porta con sé, un insegnamento che travalica la retorica e che tocca temi purtroppo ancora stringenti nella contemporaneità del loro potenziale ripetersi.
Il ’68 in Italia non è mai realmente finito. Non era affatto finito, anzi, era nel pieno del suo furore e della sua degenerazione in quell’anno di sconvolgimenti profondi, nel cui contesto si inserì il rivoluzionario tentativo di coinvolgere la sinistra nel governo del Paese, tentativo che si risolse con la morte del suo ideatore. Una morte prevedibile, perché le idee di Moro erano in grado di stravolgere la situazione tanto di creare problemi a più parti, stravolgendo le strategie geopolitiche americane e quelle sovietiche, annullando l’azione rivoluzionaria eversiva della sinistra extraparlamentare e riducendo il potere della destra centrista. Insomma, Moro firmò la sua condanna a morte solo concependo l’idea di compromesso storico.
Nello stesso tempo, però, la morte di Moro, così come ci è stata raccontata, non ha senso. Non ha senso soprattutto perché sembra impossibile che le Brigate Rosse non abbiano compreso che quell’azione scellerata avrebbe segnato l’inizio del proprio inesorabile declino, eliminando con un colpo solo quel consenso strisciante che pure era presente e cresceva in parte dell’opinione pubblica e che tanto rendeva pericoloso il piano eversivo dei terroristi comunisti. Per questo appare inconcepibile come quest’azione potesse inserirsi in un piano che, fino ad allora, sembrava quasi perfetto.
Non ci hanno mai raccontato la verità, i protagonisti in negativo di questa storia. Anzi, ci hanno raccontato un sacco di frottole, tanto da dare adito al sospetto che la loro presumibile inconsapevolezza di essere manipolati e usati da poteri ben più grandi di loro non fosse reale ma solo parte del piano. Quel che è certo è che non agirono da soli, che non erano sufficientemente attrezzati né per un’azione militare così precisa quale fu il rapimento né per rimanere nascosti per così tanto tempo senza essere disturbati.
La morte di Moro è servita a molti ma non alla causa della cosiddetta rivoluzione proletaria. Eppure il rapimento poteva essere un’arma tattica notevole: se soltanto le BR avessero rinunciato alla trattativa e liberato Moro, avrebbero vinto loro. Era evidente, ma non lo hanno fatto, consegnando il loro progetto alla sconfitta e alla storia un giudizio implacabile sul loro operato.
Sono ancora vive, nella nostra società di oggi, a quarant’anni di distanza, alcune di quelle pulsioni che portarono all’affermarsi e al rafforzarsi della lotta armata. Anzi, il clima politico attuale, unito alla profonda crisi economica e sociale che l’Italia sta vivendo, stanno creando i presupposti perché si possano innescare nuovi focolai eversivi. Questo rappresenta un pericolo doppio, dato dall’eversione stessa ma anche e soprattutto dalla possibilità di infiltrazioni e strumentalizzazioni della stessa eversione da parte di poteri forti, quegli stessi poteri che allora determinarono la morte di Aldo Moro e le sue modalità, che allora furono capaci, in un colpo solo, di annullare gli effetti della politica moderna e lungimirante del Presidente della Democrazia Cristiana e, nello stesso tempo, spingere lungo il declino le velleità rivoluzionarie dei nuclei terroristici di sinistra. Quei poteri sono ancora forti, più forti che mai. E il ritorno dell’eversione non può che fare il loro gioco. Esattamente come allora.

Luca Craia

martedì 8 maggio 2018

L’ultradestrorso Ubaldi si fa difendere dal Segretario del Pd.


Non entro ulteriormente nel merito della diatriba tra l’ex Sindaco Gismondi e l’eterno vicesindaco Ubaldi, ma osservo con malcelato stupore l’intervento odierno in difesa di quest’ultimo da parte nientepopodimenochè del Segretario… Segretaria… Segretariessa… insomma, avete capito, del Pd Laura Latini che, pur mantenendo un pluriennale silenzio in Consiglio Comunale (non credo abbiamo mai avuto il piacere e l’onore di ascoltarne la voce, quantomeno nella Sala del Consiglio di Palazzo Francescani, prende la penna e dà prova di saperla usare, se non altro per menar fendenti a destra e a manca.
La penna uccide più della spada, si dice, e la Latini la brandisce con fiero cipiglio con l’intento di ferire, anche mortalmente, l’avversario Gismondi. La mira, però, non è delle migliori e da tanto rotear di lama scaturisce tuttalpiù un cospicuo movimento d’aria.
Quello che stupisce, però, è che Ubaldi, uomo di ultradestra, con profonde radici in quel di Predappio, si faccia difendere con tanto fervore dalla segretaria/o/essa del Pd. Delle due l’una: o Ubaldi è diventato comunista, o il Pd s’è spostato talmente a destra che Ubaldi ci si trova più comodo di quando stava tra le braccia di Gianfranco Fini. E comunque tutto questo dimostra che Gismondi sbaglia a definirlo l’Alfano de noatri: al massimo può essere il Gentiloni, magari per difetto.

Luca Craia