giovedì 10 maggio 2018

A Fermo, le persone disabili non possono accedere alla farmacia comunale. Malaigia, Lega: "Bisogna garantire la piena accessibilità a tutti i nostri cittadini con disabilità o a ridotta mobilità"


Comunicato integrale

"A seguito di una segnalazione di una cittadina, ho avuto modo di prendere coscienza di una situazione a dir poco "paradossale". Nel concreto,  la Farmacia comunale ospedaliera di Fermo ( U.O.C )  presenta una scalinata di quattro rampe, che impedisce di fatto a persone in carrozzina di poter accedere. A meno che, le persone in carrozzina non acconsentano ad essere trasportati su un "montacarichi per pacchi e scatoloni".  E' come dire "se sei in carrozzina a rotelle per  arrivare alla farmacia comunale devi sperare che ti spuntino le ali". Ed in difficoltà non solo le persone in carrozzina, ma anche gli anziani.  Come è possibile nel 2018 che un disabile, un anziano o una persona con qualche problema di deambulazione non possa entrare in una farmacia, che tra l'altro è destinata proprio alla distribuzione di farmaci per gravi malattie? Troppe volte si è discusso nelle sedi Istituzionali di diritti delle persone diversamente abili, anche per quello che riguarda l'eliminazione di tutti quegli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di coloro che hanno capacità motoria ridotta o impedita, ma sembra che oltre all'impegno verbale da parte di questo Governo regionale, non si sia arrivati ancora a concreti interventi risolutivi.
Dopo essermi trovata di fronte a questa assurda realtà, ho deciso pertanto di presentare un’interrogazione rivolta al Presidente della Giunta Regionale per conoscere se per quanto riguarda gli edifici di propria competenza (sedi istituzionali, uffici, immobili del servizio sanitario regionale: ospedali, poliambulatori uffici ecc.), ha adottato il piano di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA), se ha chiesto alle Amministrazioni comunali copia dei PEBA degli edifici e delle opere in loro possesso e se  ha provveduto alla nomina dei commissari per l'adozione dei PEBA nei Comuni inadempienti.
"E' un sentimento di rabbia e sgomento – prosegue il consigliere della Lega Marche, Marzia Malaigia - quello che ha suscitato in me considerare che a distanza di piu' di 20  anni  dall’obbligo di legge per i Comuni di dotarsi del  Peba (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, 1986) esistano ancora Comuni non in regola, denotando in tale modo una grave inadempienza da parte della  Regione Marche.
Voglio qui infatti ricordare che la Regione,  con una propria legge del 1990 si era impegnata ad adottare un piano regionale e a fare un’attenta opera di controllo su tutte le amministrazioni pubbliche, riservandosi, in caso di inadempienza, di nominare un commissario ad acta.
Successivamente, ha emanato la legge regionale 34 del 1992, che ha fatto sì che di fatto i Peba oggi sono materia urbanistica che la Regione ha delegato ai Comuni e la vigilanza spetta alle Province.  Ad oggi dunque i principali interlocutori in materia di barriere architettoniche sono i Comuni, ma la Regione resta l’istituzione che legifera e controlla il rispetto della normativa sul territorio. Voglio concludere segnalando che in generale  i problemi che mi sono stati sollevati anche da altri cittadini, vengono evidenziati nelle strutture sanitarie e negli edifici scolastici che debbono, purtroppo, fare i conti con un’edilizia vecchia e con l’attuale carenza di fondi. Per molte persone in condizioni di disabilità motoria ciò che limita fortemente i loro diritti non è la condizione stessa di disabilità- conclude la Malaigia- ma la presenza di barriere architettoniche/sensoriali che ne pregiudicano la loro libertà.

Blitz nei laboratori cinesi a spot: a che servono?


Ogni tanto compare, sui giornali, la notizia di un blitz dell’Ispettorato del Lavoro o della Guardia di Finanza presso un laboratorio calzaturiero gestito da cittadini cinesi. Puntualmente si resoconta il fatto che si trovino irregolarità anche gravi, quasi sempre si fa chiudere l’attività, e poi passano giorni, mesi, senza che si sappia più nulla né che si abbia notizia di ulteriori controlli di questo genere. La domanda che mi pongo è: a che serve tutto questo?
Mi spiego: se ogni qual volta si fanno controlli presso i laboratori cinesi si trovano delle irregolarità, eccetto magari le dovute quanto rare eccezioni, perché non si organizza un controllo più generale, a tappeto, capillare di queste attività? Pare evidente che l’infrazione alle normative vigenti sia una costante in questi casi, così come pare evidente che, controlli sistematici, potrebbero fare emergere e sanare una situazione di illegalità grave. Quindi perché ci si limita a controlli sporadici, magari tanto per finire sui giornali?
La concorrenza cinese nel manifatturiero è stata ed è tutt’ora un cancro che sta uccidendo l’imprenditoria italiana nel settore. Lo abbiamo visto prima, per fare un esempio, nel Pratese, in Toscana, e in tempi più recenti lo vediamo nelle Marche, nel distretto calzaturiero, dove le aziende italiane del terziario, vedi i tomaifici, sono state falcidiate dalla concorrenza di quelle cinesi. Una concorrenza evidentemente sleale perché, mentre l’Italiano è sostanzialmente costretto a pagare ogni singolo balzello, il Cinese, forte del fatto che i controlli, nei primi due anni di attività, sono pressochè inesistenti, evita con cura il pagamento di IVA, contributi, tasse e quant’altro avvantaggiandosi notevolmente sui costi.
C’è un altro aspetto da non trascurare. Quando avvengono questi blitz, la merce viene sequestrata, merce che, in genere, è lì in conto lavorazione da parte di aziende produttrici di calzature che, di conseguenza e incolpevolmente, vengono danneggiate in maniera pesante proprio dal sequestro della merce. Insomma: ben vengano i controlli sulle imprese straniere in Italia, ma che siano sistematici e risolutive e non iniziative periodiche finalizzate non si sa bene a cosa.

Luca Craia