venerdì 25 maggio 2018

“Decine di caprioli morti annegati nello scolo del canale di proprietà di Enel a Serra San Quirico”. La Malaigia interroga la Giunta.


Comunicato integrale

“Non si puo' assistere inermi a questa mattanza, la Regione intervenga per mettere in sicurezza l’area in cui insiste l 'impianto idroelettrico Enel di Sant’Elena “.  A dichiararlo il consigliere regionale Lega-Nord Marche Marzia Malaigia che questa mattina  ha presentato un’interrogazione a proposito di quanto sta accadendo nel canale di proprietà dell' Enel, dove sono stati recuperati diversi caprioli,  cani da caccia ed altre carcasse di animali. “In questo canale – continua la Malaigia- potrebbero caderci anche i ciclisti o podisti che percorrono spesso quella zona o addirittura i bambini”.  “Dopo una segnalazione di una guardia zoofila volontaria- spiega la Malaigia – sono venuta a conoscenza che già da piu' di un anno carabinieri forestali, polizia  provinciale, vigili del Fuoco e personale del cras enpa di Genga intervengono continuamente in questo canale per cercare di salvare qualche animale intrappolato o per rimuove la carcassa di qualcuno che non è riuscito a salvarsi. Il problema è gravissimo e richiede una soluzione immediata. Occorre delimitare l’intera sponda del canale che presenta argini ripidi in cemento, in cui la rete di recinzione è inadatta a proteggere le sponde per tutta la lunghezza, essendo essa malridotta o abbassata”.
Nell'atto ispettivo, la Malaigia sottolinea inoltre, che i caprioli sono considerati patrimonio indisponibile dello Stato ai sensi della legge 157/1992, e che, in quanto tali, la legge prevede la loro tutela e conservazione.
“È evidente che sia necessario intervenire rapidamente e se non è possibile installare recinzioni – chiude la Malaigia – si provveda almeno a realizzare per questi manufatti artificiali dei rompi tratta o salvavita, in modo da permettere a chiunque resti intrappolato, persone o animali, di risalire senza difficoltà ed evitare ulteriori episodi drammatici. La Regione Marche intervenga, prima che accada una disgrazia.

Marzia Malaigia

Per fare opposizione bisogna essere credibili, come e più di chi governa.


Il concetto è semplice e mi pare anche piuttosto mortificante scriverne: per fare opposizione bisogna essere credibili. La credibilità, in politica, si acquisisce sul campo. Mi auguro, da uomo democratico, che il Pd riesca a fare un’opposizione attenta, rigida e costruttiva al Governo che sta nascendo. L’opposizione è fondamentale per la vita democratica, la sua funzione di controllo, indirizzo, pungolo è vitale e imprescindibile, quindi anche chi governa dovrebbe auspicare di avere una buona opposizione, perché aiuta a governare meglio. Ma, come dicevamo, per fare opposizione ci vuole credibilità.
Il Pd ha iniziato a fare opposizione prima ancora che il governo nascesse, e la sta facendo su temi in cui la propria credibilità l’ha già buttata alle ortiche mentre governava. Un partito che ha fatto quello che ha fatto con le banche, non può essere credibile quando parla di difesa dei risparmiatori, oltretutto prima ancora di vedere cosa il Governo farà in questo campo. Un partito che ha fatto quello che ha fatto con il mercato del lavoro, non può parlare di difesa dei lavoratori. Non se lo può permettere. E via discorrendo, dal governo Monti in poi e, in particolare, col governo Renzi/Gentiloni il Pd ha completamente perso la faccia, la credibilità, l’incisività su un sacco di argomenti basilari per la vita del Paese.
E il problema è tutto qui: come farà il Pd a fare un’opposizione credibile dopo lo scempio compiuto mentre era al governo? Come potrà essere efficace nel contrastare le scelte eventualmente sbagliate che compirà l’esecutivo, dopo aver ridotto l’Italia come l’ha ridotta? Non è un problema di poco conto perché, in questo modo, avremo un’opposizione fortemente inefficace, e questo è una grave mancanza in un sistema democratico. Di tante responsabilità che il Pd si è assunto, questa è una delle più pesanti, specie in questo momento.

Luca Craia

giovedì 24 maggio 2018

Il 24 Maggio non si celebra più. E nemmeno si ricorda.


Sono convinto che, se chiediamo ai nostri ragazzi, quelli ancora a scuola o quelli ancora giovani, ove per giovane si intende il fatto anagrafico e non quello mentale per il quale diversi cinquantenni ancora sculettano per strada o nei locali, cosa si ricorda il 24 maggio, pochi o nessuno lo sappiano dire. In effetti anche sui social, dove sembra essersi trasferita l’esistenza sociale di quasi la totalità degli Italiani, non sono riuscito a trovare alcun accenno a questa data, né su pagine istituzionali né private, quandanche di persone note per passione storica o amor patrio.
Eppure il 24 maggio è una data importante per l’Italia. Per chi non lo sapesse, il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra, in quel conflitto noto con l’appellativo di grande, un conflitto che causò una quantità di morti e di tragedie mai verificatesi fino ad allora e che vide, dopo tre anni, in nostro Paese uscire vincitore per quanto prostrato dallo sforzo bellico. A parte, però, il dato storico, su cui non intendo dilungarmi, la ricorrenza è stata sempre celebrata, in passato, come simbolo di patriottismo, con uso abbondante di retorica.
Oggi, che la retorica sembra essere diventata un qualcosa si repellente o, forse, si è trasformata mutandosi in qualcosa di meno elevato ma comunque efficace, ben nascosta da un eloquio tutt’altro che forbito come quello usato in passato, questi simboli italici vengono gradualmente rimossi. Tra le prime vittime dell’antiretorica moderna o, per meglio dire, della nuova retorica che rifiuta la retorica classica, c’è proprio la celebrazione del 24 maggio.
Parlare in questi tempi di vittoria italiana, di amor patrio, di sacri confini equivale a essere tacciati di nazionalismo, inteso nella peggiore accezione, quando non direttamente di fascismo. Eppure un minimo di amo patrio deve essere rimasto, da qualche parte, e sarebbe un bene ritrovarlo anche perché, al netto della retorica, parlare di patria equivale a fare l’interesse della propria Nazione che, in fin dei conti, sarebbe casa nostra.
È per questo che voglio augurare a chi ha avuta la pazienza di leggermi fino a questo punto un buon 24 Maggio, non tanto nel ricordo della sanguinosa Grande Guerra, quanto nel tentativo di recuperare in senso positivo quell’amor patrio quasi scomparso ma del quale credo ci sia ancora un notevole bisogno. Oggi, forse, più che mai.

Luca Craia