Che in Italia ci sia un problema di libertà di stampa pare
evidente a tutti e lo dicono anche studi esteri che relegano il nostro Paese
insieme a Nazioni di ben altra storia e civiltà. La stampa è da tempo asservita
al potere di turno, sia esso di governo o collocato più in alto, come in questi
tempi. Ma attaccare la categoria intera dei giornalisti con epiteti sciocchi,
puerili e irrispettosi (pennivendolo è un insulto sia per i giornalisti che,
usato in termini tanto dispregiativi, per chi le penne le vende davvero, come
me). Addirittura, minacciare leggi apposite, come una sorta di punizione versi
chi ha veramente sputato veleno per mesi in piena malafede ma che comunque
appartiene a una categoria essenziale per la democrazia, è pericoloso e molto
preoccupante. Oltretutto ricorda molto da vicino una certa politica alla quale
il “Governo del Cambiamento” non dovrebbe affatto assomigliare.
La stampa va tutelata, perché è imprescindibile nel processo
democratico. Il giornalista svolge un ruolo fondamentale e, se si deve
intervenire legislativamente, occorre farlo non nella direzione di limitarne la
libertà ma prendendo ogni provvedimento perché essa sia tutelata. Purtroppo
oggi la stampa è schiava, non è libera, è strizzata tra le esigenze di vendita
del prodotto, la compiacenza verso il potere e il ruolo reale di informazione,
sempre più secondario. Ma non è minacciando i giornalisti che si possa
risolvere il problema. Anzi.
Anche i toni sono decisamente triviali. Un esponente di una
realtà che esprime il governo del Paese dovrebbe parlare con misura, con
termini appropriati e mai usando l’insulto. Lo stesso ci si dovrebbe aspettare
da chi si candida, dall’opposizione, a governare. Oggi assistiamo a una
trivialità nella classe politica vergognosa e preoccupante. Mai visto un
livello culturale e umano così infimo, mai vista una lotta politica fatta di
epiteti, insulti e minacce, in una dialettica che si occupa di tutt’altro
rispetto a quelle che sono le reali esigenze del Paese e dei cittadini. E
questo investe tutto l’arco costituzionale. Si cambi rotta finchè siamo in
tempo.
Luca Craia